Dopo anni, il Comune di Padova ha stabilito luogo, artista, materiale e soggetto della nuova statua. Un processo che non rispetta bisogni e attese della città

Padova avrà una nuova statua, dedicata a una donna. Dopo anni di dibattito pubblico e stallo, sembrerebbe che la questione sia arrivata ad una svolta risolutiva. 

Se avete seguito il contest per la scelta della nuova statua di donna indetto dal Comune, potreste pensare che la vincitrice sia, come da risultati, Elena Cornaro Piscopia: la stessa figura proposta già nel 2021, la più nota in città. In realtà a vincere questo goffo concorso è la sola amministrazione civica, che attraverso una spicciola votazione on line chiude malamente un dibattito lungo tre anni e dagli echi addirittura internazionali, senza impegnarsi realmente in un percorso partecipato con la cittadinanza.

Era la fine del 2021 quando, sulla scia dei risultati del nostro censimento sulla statuaria pubblica femminile italiana, due consiglieri comunali e una cittadina padovana ponevano la questione dell’assenza di una donna tra le statue maschili del pantheon di Prato della Valle. Il nome proposto in quell’occasione, guarda caso, è stato quello di Elena Cornaro Piscopia, considerata la prima donna laureata all’università in Italia e di cui già esiste una scultura, ironia della sorte, proprio nel cortile di Palazzo del Bo, a pochi metri dal luogo scelto dall’amministrazione per la collocazione del nuovo monumento. Dopo aver escluso categoricamente Prato della Valle, ancor prima di conoscere il soggetto da rappresentare, venne individuato infatti “Il Liston”, la via centrale tra il palazzo del comune e, appunto, il Bo.

Sulla questione avevamo già espresso le nostre perplessità: concentrare le riflessioni su una sola statua non ci pareva risolutivo di un problema più strutturale, da affrontare con il coinvolgimento della cittadinanza e con una prospettiva più ampia. La proposta, ma soprattutto la constatazione di questa assenza, ha generato un dibattito, per certi toni paternalistici e risvolti grotteschi, che ha attirato in breve le attenzioni di testate come il Guardian, il Post e il New York Times. Nonostante questa attenzione mediatica, la risposta da parte delle istituzioni pubbliche è stata fin da subito di chiusura, con argomentazioni che continuavano ad avvalorare la prospettiva maschile alla base dell’immagine della piazza per come la conosciamo. Non si è infatti tenuto in debita considerazione che se gli illustri padovani sono solo uomini è per la loro egemonia sulla storia e che la conformazione attuale della piazza è frutto di numerosi interventi, anche recenti.

Per due anni si è alimentata una discussione fatta di chiusure da parte dell’amministrazione pubblica, tentativi di mantenere alta l’attenzione sul tema da parte di associazioni cittadine e di settore e boutade di singole personalità che si sono sentite in dovere di fare proposte discutibili, sia per una diversa collocazione su suolo pubblico, sia per il soggetto da raffigurare. Ne è derivata dapprima l’istituzione di una commissione preposta alla realizzazione della nuova statua – comunque da non destinare allo spazio del Prato, a quanto pare intoccabile – e poi un invito diretto ai cittadini a presentare una o più proposte di nomi di donne padovane da cui andare ad attingere per la scelta. Ultimo capitolo: da queste segnalazioni ne è derivata, non si sa con quali criteri, una rosa di sei nomi da far votare on line tra i mesi di ottobre e novembre di quest’anno, votazione accessibile anche da persone esterne al contesto padovano.

Come più volte abbiamo detto, da associazione che si occupa del tema, questo processo non può essere spacciato per un percorso partecipato. Un dibattito ampio e collettivo ha dei requisiti minimi, che sono l’ascolto diretto della cittadinanza e dei suoi bisogni di rappresentazione e memoria, l’impiego di professionalità specifiche, retribuite e individuate tramite bandi pubblici, l’analisi dello spazio comune nel quale la cittadinanza possa rispecchiarsi. Una votazione on line è invece un sistema semplicistico, la prima idea che può venire in mente se non si sa nulla di processi partecipati e che illude i votanti di aver davvero contribuito alla scelta. È poi escludente nelle modalità di accesso – se si considera che l’accesso a internet non è davvero così universale come la narrazione mainstream vorrebbe farci credere – e riduce le donne selezionate a concorrenti di una competizione tipica della televisione generalista.

Non si tratta di un processo partecipato anche per altri motivi. Perché l’approfondimento della storia padovana e dei suoi “personaggi illustri” è stato sostituito dalla realizzazione di mostre la cui curatela, affidata in maniera diretta, non è stata gestita da professionalità specializzate nel tema. Non è partecipato anche perché l’artista incaricato, ancora una volta uomo e già destinatario di commissioni all’interno del Comune di Padova, non è stato scelto tramite bando pubblico. Oltretutto dopo le critiche, stilistiche e iconografiche, già sollevate per la sua precedente opera, un monumento all’alpino, anche questa assegnata con incarico diretto.

A chi ci chiede cosa pensiamo di questa votazione, dal risultato prevedibile, non possiamo rispondere di essere soddisfatte. Non dovrebbe esserlo nemmeno la cittadinanza, che si vedrà collocare una scultura dal costo di circa 100.000 € – ovviamente di fondi pubblici – in un luogo della città deciso dall’alto, con uno scultore deciso dall’alto. Dubitiamo che, viste le premesse, il risultato potrà essere veicolo di arricchimento per le nuove generazioni e tanto meno per gli attuali abitanti della città. E ci rammarichiamo che sia l’ennesimo caso di visione e imposizione maschile e maschilista sulla donna. Con buona pace delle esigenze e dei bisogni delle donne nella città. E, alla fine, rimane aperta ancora una domanda, forse la principale: A chi serve davvero questa statua?


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