II.V ANTROPOLOGO CULTURALE (DEMOETNOANTROPOLOGO)

Chi è e che cosa fa

La prima criticità che l’Antropologia Culturale deve affrontare in Italia è, innanzitutto, chiarire quali sono le competenze che essa fornisce ai suoi professionisti. Senza alcuna pretesa di categorizzazione e sulla base degli insegnamenti impartiti attualmente dai vari Corsi di Laurea, si può affermare in linea generale che gli Antropologi Culturali (Demoetnoantropologi) si formano principalmente per:

  • Essere le principali figure di riferimento per l’osservazione dei mutamenti socio-culturali svolgendo ricerche etnografiche;
  • Insegnare la propria disciplina durante la formazione di altre figure professionali che hanno a che fare con il pubblico;
  • Collaborare con, oppure essere a capo di istituzioni o progetti culturali attinenti alla valorizzazione del territorio, alla tutela ed alla conservazione dei beni culturali;
  • Venire direttamente coinvolti in qualità di esperti, come consulenti esterni o membri permanenti di équipes multidisciplinari, sia in situazioni di emergenza sociale che richiedono interventi di mediazione culturale (immigrazione, integrazione, educazione, disastri ambientali, guerre, carestie, epidemie ed altre problematiche di carattere socio-sanitario), sia per favorire lo sviluppo di istituzioni pubbliche o private (scuole, aziende, musei, ospedali, ONG, ONLUS ecc.) facendo leva sulle particolarità delle singole strutture, dei lavoratori e degli utenti nel loro contesto ambientale e sociale.

Requisiti professionali

Ai fini dell’inquadramento professionale promosso dalla Legge 110/2014, chiediamo che la figura dell’ Antropologo Culturale (Demoetnoantropologo) venga riconosciuta come professionista in base alle seguenti opzioni curricolari:

  • Collaboratore Antropologo: Laurea in area umanistica con almeno 36 CFU DEA;
  • Funzionario Antropologo: LM-1 + 12 mesi di esperienza certificati conseguibili durante la formazione accademica oppure post-lauream;
  • Dirigente Antropologo: LM-1 + master I/II livello in area sociale, economica o giuridica

oppure

LM-1 + scuola di specializzazione in beni demoetnoantropologici

oppure

LM-1 + dottorato di ricerca

Il percorso formativo, criticità e proposte

Le conoscenze antropologiche conferiscono al professionista uno sguardo critico ed attento alle dinamiche sociali indispensabile nel mondo lavorativo. Nonostante ciò, quello dell’Antropologo Culturale rimane un mestiere sconosciuto o ritenuto inutile poiché il suo sapere appare indefinibile, astratto, non immediatamente fruibile e poco pratico, dunque non spendibile sul mercato del lavoro.

Le motivazioni storiche e culturali all’origine del mancato riconoscimento degli Antropologi come professionisti all’interno della società italiana sono innumerevoli ed impossibili da sintetizzare in questa sede. Tuttavia, volendo limitarsi alle problematiche riguardanti la sola formazione universitaria, è necessario mettere in evidenza quanto segue:

  • Secondo le informazioni in nostro possesso, in Italia esistono in tutto 9 atenei che offrono un Corso di Laurea Magistrale LM-1 in Antropologia Culturale. In tre di questi il Corso è interclasse, dunque lo studente non viene formato in maniera adeguata e specifica nell’ambito demoetnoantropologico;
  • Sebbene la carriera accademica sia vista come una dei pochi (se non l’unico) sbocchi lavorativi attuabili per gli antropologi, i dottorati di ricerca, i post-dottorati o i master accessibili ai laureati in Antropologia Culturale sono tutt’altro che numerosi;
  • Lo stesso discorso vale per le scuole di specializzazione. Attualmente in Italia se ne contano soltanto due, entrambe dedicate alla valorizzazione dei beni culturali. Non risultano esistenti scuole di specializzazione attinenti alle altre diramazioni della disciplina;
  • Pur tenendo in considerazione le peculiarità didattiche che distinguono la tradizione di ciascun ateneo, tra le varie università l’offerta formativa è eccessivamente disomogenea; inoltre, il quantitativo di CFU DEA per accedere alla Laurea Magistrale cambia di ateneo in ateneo, limitando di fatto le opzioni di scelta dello studente;
  • Il numero di CFU indispensabili all’abilitazione per l’insegnamento nelle scuole risulta spesso insufficiente (si fa notare che agli Antropologi è precluso l’insegnamento della loro disciplina nei Licei delle Scienze Umane);
  • I Corsi di Laurea, sia Triennale che Magistrale, sono del tutto mancanti di applicazione pratica. Nel piano di studi non vengono necessariamente richiesti tirocini formativi, laboratori o stages. Quando questi compaiono, in forma opzionale, spesso non sono pertinenti con la formazione che si dovrebbe acquisire. La responsabilità di intraprendere o meno tirocini è delegata esclusivamente alla buona volontà dello studente.

Di conseguenza, suggeriamo quanto segue per il potenziamento della formazione accademica:

  • L’istituzione su scala nazionale di un quantitativo minimo di 60 CFU in ambito Demo-Etno-Antropologico (DEA) per accedere al Corso di Laurea Magistrale LM-1;
  • Una maggiore omogeneità didattica tra i vari atenei nell’offerta formativa riguardante le materie fondamentali per una conoscenza generale della disciplina (ad es. Antropologia Culturale, Antropologia Medica, Antropologia Museale, Antropologia Politica, Antropologia Sociale, Antropologia Storica, Antropologia Visuale, Teorie e Tecniche della Ricerca Etnografica);
  • Una maggior attenzione, da parte di tutti gli atenei, alla formazione pratica dei futuri professionisti. Proponiamo che nel piano di studi venga offerta la possibilità di svolgere 12 mesi di tirocinio da effettuare all’interno del percorso di studio, suddiviso nei vari anni di corso, oppure post-lauream.


2 Comments

VERSO IL RICONOSCIMENTO – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 30/05/2016 at 18:02

[…] II.V ANTROPOLOGO CULTURALE (DEMOETNOANTROPOLOGO) […]

PARTE II: ALCUNE PROPOSTE, PROFESSIONE PER PROFESSIONE – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 30/05/2016 at 18:07

[…] II.V ANTROPOLOGO CULTURALE (DEMOETNOANTROPOLOGO) […]

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