La manifestazione di sabato scorso, a Roma, è stata un successo straordinario. Ne abbiamo discusso per ore, abbiamo anche letto i vostri commenti a caldo, e dunque vogliamo spiegarvi il perché. Sottolineando fin da subito, però, che è solo una base da cui partire.

Anzitutto è stato un successo di numeri. In piazza c’erano circa 2 mila persone, in una giornata che si preannunciava di fortissimo maltempo. Erano il doppio delle persone rispetto al più importante precedente, del 7 maggio 2016, che però aveva beneficiato di una giornata di sole: possiamo quindi facilmente immaginare che senza pioggia i numeri di sabato sarebbero stati molto, molto più alti. Si teneva nello stesso giorno, 6 ottobre, anche un’altra importante manifestazione a Riace, che ha allontanato tante persone afferenti a movimenti che avevano preannunciato la loro presenza a Roma. Potremmo continuare con una lunghissima serie di imprevisti che esulavano dal nostro controllo.

Ma non fermiamoci ai numeri. Altra cosa fondamentale è il fatto che la piazza fosse piena di persone che venivano da fuori Roma, circa 50 da Venezia e Padova, altre 50 da Bologna, una trentina dalla Toscana, 50 da Torino, solo per citare quelle a noi note: erano senza dubbio molte di più. Al contrario il maltempo, il timore di blocchi dei mezzi pubblici, ha fatto desistere moltissimi Romani, come è stato evidente a tutti in piazza. E questa è un’altra profonda differenza rispetto ai precedenti del passato, quando mai si era riusciti a spostare, per questi temi, centinaia di persona da una città all’altra. La manifestazione era davvero nazionale, come ribadivano con chiarezza gli striscioni.

Poi c’è il fattore mediatico: sono usciti ottimi servizi in tanti giornali nazionali, e servizi meno precisi addirittura su tutti i telegiornali RAI. Nonostante la pioggia che ha fatto desistere non solo tanti attivisti, ma anche tanti giornalisti.

Ma vogliamo dedicarci al fattore più importante: l’unità. In piazza c’erano realtà diversissime: associazioni che si sono tenute sempre molto, molto distanti dalla politica, insieme a realtà politiche che solo di recente si sono avvicinate ai temi del lavoro culturale; sindacati diversissimi, quali UIL, CGIL e USB, solo per citare i più grandi, spesso in competizione; persone che fanno parte da anni dei movimenti per il lavoro, insieme a persone che scendevano in piazza per la prima volta; strutturati con diritto di sciopero (molti dei quali scioperavano per la prima volta dopo moltissimi anni), insieme a professionisti e lavoratori senza alcun diritto; Soprintendenze e Teatri; operatori museali e persone a cui quel posto è negato da leggi ingiuste; studenti che manifestavano per il loro futuro; la lista potrebbe essere lunghissima. E arrivavano, lo ripetiamo, da tutta Italia. Essere riusciti a far collaborare tutte queste persone ha richiesto una fatica immensa, ma, possiamo dirlo, ha funzionato.

Non siamo stupidi né illusi, e sappiamo che tante cose potevano, dovevano andare meglio. L’organizzazione delle partenze e degli autobus, ad esempio, su cui ci sono stati alcuni problemi di comunicazione che hanno allontanato tante persone interessate; i TG della Rai che hanno dato tanto, troppo spazio alle istanze dei lavoratori dello Spettacolo e non alle nostre; la distribuzione degli striscioni e delle bandiere; il numero troppo basso di giovani non strutturati. Certo. Non è stato tutto perfetto. Era una prima volta, una follia, come l’abbiamo chiamata quando abbiamo lanciato l’idea a fine aprile.

Ma ciò non toglie che sia stato un successo straordinario, e che con l’esperienza acquisita la prossima volta andrà ancora meglio, non v’è dubbio. Ricordiamoci però che abbiamo raggiunto un risultato, per numeri, per qualità del corteo, per impatto mediatico, semplicemente impensabile solo pochissimi anni fa.

Che sia un punto di partenza. Insieme.


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