Sono tre giorni che rispondiamo a commenti e messaggi sul concorso Mibac per 1052 Assistenti alla Fruizione, Accoglienza e Vigilanza, che il Ministero chiama “vigilanti”. Leggiamo di chi si stupisce che qualcuno “non sappia”. Ma c’è confusione, ed è normale che ci sia.
Si è scelta, di nuovo, una formula datata e malfunzionante per una figura professionale davvero difficile da spiegare. Un concorso che chiede il diploma per lavorare al Ministero come “Assistente alla Fruizione, Accoglienza e Vigilanza”, figura più che ibrida che, stando a quanto scrive il Mibac, si occuperà di biglietteria e guadianìa ma, stando a quanto riportano i mansionari ufficiali, si dovrebbe occupare più o meno di tutto, dalla didattica, alla ricerca alla, appunto, accoglienza e vigilanza.
Si chiede il diploma, sì, ma le prove non selezioneranno certo diplomati, dato che si richiederanno competenze e conoscenze su patrimonio culturale, diritto dei beni culturali, diritto amministrativo… Come nel concorso del 2008, molti dei selezionati risulteranno essere competentissimi professionisti del settore. Come nel 2008, dato che il titolo minimo è il diploma, si presenteranno in centinaia di migliaia alla Fiera di Roma per la prova preselettiva, dopo un viaggio che per molti risulterà pesante, difficile e costoso. Molti lo faranno a vuoto.

La domanda che ci si pone è: perchè non si è evitato il ripetersi di un concorso mal fatto nei modi e negli obiettivi?
La logica, e anche il mansionario ICOM, da un pezzo, suggerivano al Ministero di avere delle figure professionali, i custodi, che si occupassero di vigilanza e guardianìa, con semplice diploma, mentre i professionisti, con qualche titolo in più, dovrebbero essere assunti con bandi diversi, e per svolgere mansioni diverse. C’è ampio spazio, nei nostri Musei e Istituti culturali, per entrambi.
Invece, ci troviamo ancora con laureati e post-laureati che, dopo un concorso a dir poco epico, entreranno nei nostri Musei pestando i piedi ai custodi, e spesso si troveranno a veder rispettato il loro mansionario di AFAV solo in seguito a battaglie sindacali e ampie discussioni. E poi, tra qualche mese, ci sarà il concorso per funzionari: diploma, laurea triennale, laurea magistrale e almeno due anni di post-laurea come titolo minimo, per arrivare a uno stipendio del tutto simile a quello del personale AFAV.
Si è sempre fatto così. Sì, e si è fatto male: la politica ha il dovere di cambiare le cose, quando non vanno. I beni culturali sono cambiati enormemente, negli ultimi 30 anni, il nostro Patrimonio ha bisogno di professionalità e profili che vanno oltre quelli del funzionario o del custode: c’è un mondo in mezzo. Un mondo che per ora, nel nostro Paese, si è deciso di riempire con la figura dell’AFAV: tutte le contraddizioni di questo sistema saranno scaricate sulle centinaia di migliaia di giovani e meno giovani che si recheranno a Roma nella speranza di poter lavorare dignitosamente per il Patrimonio culturale italiano. Ma aggiornare i profili professionali del nostro Ministero sarebbe così semplice, se solo si decidesse di farlo. Buon concorso a tutte e tutti, e facciamo in modo che sia l’ultimo organizzato così.

Ah, il fatto che il 30% dei posti sia riservato ai volontari delle Forze Armate si può e si deve criticare anche se è una legge dello Stato a stabilirlo, e anche se l’impatto pratico sarà minimo: è giusto continuare a combattere le leggi sbagliate.

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