Importanti novità alla Pinacoteca di Brera, tra cui l’introduzione degli abbonamenti al posto dei biglietti, ma nessuna risposta per i lavoratori.
Lunedì 14 settembre a Brera – e in streaming – s’è tenuta una conferenza stampa a nostro avviso importante e interessante, sia per le prospettive millantate che per quelle mancate.
Come forse chi legge ha già avuto modo di sapere, la direzione della Pinacoteca ha deciso di introdurre delle novità nella relazione con il suo pubblico: la creazione di un portale online e un nuovo sistema di bigliettazione, che trasforma i biglietti in abbonamenti. Nessuna parola invece è stata spesa per chi quei biglietti stacca tutti i giorni, le lavoratrici che ancora ad oggi sono in attesa di sapere come e se continueranno a lavorare per Brera. A parte una risposta scritta in chat ai sindacalisti (e non solo!) che durante la conferenza chiedevano novità, mandata qualche attimo prima della chiusura dello streaming. Non abbiamo neanche fatto in tempo a leggerla che era già sparita a causa della chiusura del programma usato per lo streaming, ma ci sembra che il direttore dicesse qualcosa come “mi dispiace, ma non lavorano per Brera, quindi non posso fare nulla”.
Il discorso del direttore, però, ci ha fatto riflettere in particolare su due punti: sul passaggio del fruitore del museo da “visitatore” a “utente”, con tutto ciò che questo comporta; e sul coinvolgimento dell’utente nella programmazione del museo, in particolare attraverso una vera e propria assemblea dei soci.
Partiamo col dire che la conferenza s’è chiusa molto rapidamente, quindi lo spazio per le domande è stato poco e speso in inutili chiarimenti sulla natura dell’abbonamento, perciò molto di quello che commenteremo è, allo stato attuale, una speculazione sulle parole del direttore.
Il passaggio da visitatore a utente è interessante, perché sottintende che ciò che viene offerto al fruitore del museo non è un prodotto (di consumo, che inizia e si esaurisce con il biglietto e la singola visita) ma un servizio: su questo non possiamo che essere speranzosi. Siamo talmente convinti che chi lavora nel nostro ambito offra un servizio e non un prodotto che abbiamo proposto la creazione di un Sistema Culturale Nazionale modellato sull’esperienza del SSN. Bradburne stesso ha chiarito che l’idea nasce da una “bibliotecizzazione” dei musei, intendendo con questo un approccio diverso alle collezioni, iterato nel tempo, continuato e, appunto, da utente. Ma sottintende anche un atteggiamento diverso da parte del Museo, che si ritrova a insistere meno sulle mostre e più sulla propria collezione (concetto ribadito più volte dal direttore), meno sul turismo di massa e più su un turismo consapevole, “di cittadinanza” – intesa non solo de iure ma anche acquisita, pure fosse per pochi giorni (come un turista). Ma, come detto, la conferenza è mancata di concretezza su tutti questi punti.
Sul coinvolgimento dei pubblici, il direttore è stato ancora meno chiaro. S’è parlato di comunità locali, di porre in relazione profonda la Pinacoteca con la città a cui appartiene, senza però far davvero capire cosa s’intenda con questa affermazione. Questa trasformazione del biglietto in card però ci ha dato da riflettere. La formula stessa dell’abbonamento ha senso se i musei dello stesso territorio aprono le proprie porte ai visitatori, illimitatamente, riducendo quindi la spaccatura fra comunità e spazi museali, favorendo inoltre la collaborazione degli stessi verso un servizio sempre più integrato e stimolante. Milano e la Lombardia hanno da tempo attivato un abbonamento che vale 365 giorni e che permette di entrare in tutti i luoghi della cultura regionali liberamente (comprese anche moltissime mostre e eventi!), quante volte si desidera, ampliabile addirittura al Piemonte e alla Valle d’Aosta (e viceversa). Tra i musei visitabili in questa maniera c’è ovviamente anche la Pinacoteca di Brera.
In questo contesto la nuova formula proposta dal direttore pare più debole, e concretamente aggiunge rispetto a prima solo il portale online e la partecipazione all’assemblea dei soci accennata durante la conferenza. Sulla natura di questa assemblea, intesa come strumento per raccogliere la voce di chi visita le collezioni, non sono state divulgate notizie, tranne l’assicurazione che non si tratterà di un ingresso dei nuovi soci nel Consiglio, ma di un organo diverso, consultivo. L’accesso a tutto ciò, ora gratuito, diventerà presto a pagamento, una volta scaduto l’accordo col concessionario per la gratuità nato durante la fase acuta della crisi legata alla pandemia, e che si era dimostrato un utile accorgimento per non occuparsi delle lavoratrici della biglietteria. Resta ancora meno chiara la funzione di questo organo, ma la prospettiva di un’assemblea per la quale si deve pagare per entrare non ci sembrano in linea col mandato democratico di uno dei musei statali più importanti del Paese.
Resta irrisolta la grande domanda posta all’inizio dell’articolo: a questa volontà di maggior coinvolgimento e fidelizzazione del pubblico corrisponderà anche una miglior strutturazione dell’organico? ci saranno nuove assunzioni per gestire i “plus” aggiunti? e le risposte che i collaboratori del museo (dagli educatori a chi stacca i biglietti) stanno ancora aspettando, quando arriveranno? Ci auguriamo che questa nuova strada intrapresa dal direttore non sia costruita su fondamenta di sabbia, e che non si ricorra anche in questo caso a contratti da fame e lavoro non retribuito.
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