A Firenze 100 lavoratori precari di biblioteche e archivi temono per la loro situazione occupazionale e chiedono certezze: appalto in scadenza, parte lo stato di agitazione.
I “Biblioprecari” sono, secondo il nome che si sono dati, circa 100 lavoratori esternalizzati impiegati nelle 12 biblioteche e archivi del Comune di Firenze, dove operano assieme a 30-40 lavoratori comunali, in progressivo pensionamento, e alcuni volontari, che coprono l’apertura di sale specifiche e alcune fasce orarie.
Abbiamo già avuto modo di parlare di loro: a giugno 2020 abbiamo manifestato assieme davanti a Palazzo Vecchio, perché, mentre le biblioteche erano chiuse a causa del Covid-19, non sapevano se il loro appalto sarebbe stato rinnovato. A settembre è arrivata l’ennesima proroga, scongiurando il peggio. Ma solo fino a oggi. Adesso ogni possibilità di proroga si è esaurita, l’appalto è di nuovo in scadenza (aprile 2022) e sta per essere pubblicato il nuovo bando, ma con presupposti inaspettati che peggiorerebbero le loro condizioni di lavoro e che hanno portato i Biblioprecari a dichiarare lo stato di agitazione nella partecipata assemblea sindacale di venerdì 3 dicembre e a organizzare, in data 12 dicembre (ore 15.30), un presidio davanti alla biblioteca delle Oblate.
Per capire cosa sta accadendo, è importante analizzare la situazione delle biblioteche e degli archivi comunali fiorentini. Questi lavoratori, che garantiscono servizi essenziali, lavorano per cooperative (al plurale). La prima conseguenza di ciò, ben nota, è trovarsi a operare gomito a gomito con personale che ha la stessa mansione, ma contratto diverso. A Firenze, ad esempio, i nuovi assunti sono inquadrati con livelli inferiori rispetto ai “vecchi”. Questo capita con grande frequenza, perché, come racconta uno di loro: “c’è tantissimo ricambio, molti colleghi hanno lasciato o si continuano a guardare intorno per trovare più stabilità e inquadramenti migliori ”. Una delle cause del gap salariale è proprio la presenza di più cooperative nella stessa istituzione: anche nelle piccole biblioteche di quartiere fiorentine si possono contare fino a 3 cooperative diverse. Ciò che hanno in comune tutti i lavoratori di queste cooperative però sono la precarietà e la mancanza di diritti. Sono assunti con contratti nazionali differenti, Commercio o Multiservizi, entrambi inappropriati per il lavoro in biblioteca. Un full time di media si aggira sui 1.200 euro al mese, ma sono solo in pochi ad avere da contratto 40 ore lavorative: la maggioranza degli operatori, molti dei quali qualificati e titolati, è inquadrato con un monte ore garantito più basso, fino a 10-12 ore settimanali: un sistema di “banca ore” che garantisce di far lavorare di più, costantemente, senza pagare alcuno straordinario. Questo escamotage contrattuale è diffusamente applicato attraverso i contratti nazionali che lo consentono (tra questi quello del Commercio): nei fatti molti di loro lavorano fino a 40 ore con una certa regolarità, senza straordinari pagati, e con la necessità di accettare qualsiasi turno “aggiuntivo” e qualunque condizione per poter accumulare un salario accettabile, e per paura di vedersi decurtare l’orario il mese successivo. L’ottimizzazione è totale: massima flessibilità e ricattabilità per i lavoratori, massimo risparmio per il datore di lavoro.
In questo anno e più di interlocuzioni e dialogo con le amministrazioni, ci raccontano, avevano ricevuto tante promesse, nello specifico quella di un appalto più favorevole e, soprattutto, di una graduale reinternalizzazione, promesse che ora stanno svanendo nel silenzio delle istituzioni e nella rabbia della loro protesta. Sì, perché il nuovo bando, contrariamente a quanto aveva assicurato l’ex assessore Sacchi (ora trasferitosi a Milano con lo stesso ruolo), invece di 14 milioni per quattro anni, previsti per far fronte a tenuta occupazionale e contrattuale, sarà probabilmente sforbiciato a 12 milioni, un taglio considerevole che mette a rischio il futuro lavorativo degli esternalizzati. Di fatto, già l’appalto in essere permetteva a malapena alle cooperative di sopravvivere, penalizzando, di conseguenza, alcuni lavoratori che già da 3 anni non percepiscono la quattordicesima. Ma non si tratta soltanto del solito trend degli appalti al ribasso, caso non isolato – si pensi alle biblioteche di Prato, dove, come ci spiegano i lavoratori fiorentini, si è appena consumato un cambio di appalto in cui Coopculture ha vinto con un significativo ribasso pur essendo unica partecipante. Nel caso fiorentino, invece, i 2 milioni di euro di scostamento rispetto alle promesse dovrebbero servire a pagare gli stipendi degli amministrativi da poco assunti tramite concorso dal Comune, che ha deciso di impiegarli, nel numero di circa 15-20 unità, a lavorare proprio nelle biblioteche. Si tratterebbe, ovviamente, di personale non formato in biblioteconomia, assunzioni che non vanno verso un processo di reinternalizzazione strutturale per far fronte ai bisogni reali del sistema fiorentino. È quindi evidente, per i lavoratori in agitazione, il rischio sulla tenuta occupazionale, che l’amministrazione fiorentina aveva però garantito solo pochi mesi fa: meno soldi nell’appalto, vuol dire o meno lavoratori, o meno diritti.
Noi, esprimendo solidarietà e sostegno a queste lavoratrici e lavoratori, ci chiediamo come possa una grande città come Firenze, che si fregia della Cultura come del suo più bel fiore all’occhiello, permettere un simile trattamento a chi lavora in biblioteche e archivi civici. È anche per questo che ci prepariamo a scioperare il prossimo 16 dicembre: per dire basta a tutto questo e condannarlo, il più in fretta possibile.
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