Comunicato stampa relativo al declassamento dell’archivio di stato di Genova. L’intervento dell’associazione Mi Riconosci.

L’associazione Mi Riconosci, che dal 2015 opera a difesa del patrimonio culturale e di chi vi lavora, interviene contro il declassamento dell’Archivio di Stato di Genova. Declassamento già noto da qualche mese tra gli addetti ai lavori, ma recentemente entrato nel dibattito pubblico.

Il decreto ministeriale del 5 settembre, tra gli ultimi atti firmati dall’ex Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, infatti ha tolto la sede dirigenziale, e quindi anche l’autonomia, all’Archivio ligure. Il provvedimento porterà l’istituto archivistico a essere accorpato di fatto e di nome alla Soprintendenza della regione, come “Soprintendenza archivistica e bibliografica della Liguria – Archivio di Stato di Genova”.

Tra i 9 Archivi di Stato di livello dirigenziale non generale italiani, nota l’associazione, Genova è l’unica vittima di questa scelta. Tuttavia non è una novità in Italia: l’Archivio di Stato di Palermo ha già visto l’applicazione e la revoca del provvedimento. “Anche se è stata già malauguratamente utilizzata in passato, la misura cozza con la legislazione che norma gli Archivi di Stato, in cui viene evidenziata l’autonomia tecnico-scientifica di cui sono dotati gli istituti, e mischia in modo caotico le funzioni dell’Archivio e della Soprintendenza – nota Jacopo Giovannini di Mi Riconosci – I cambiamenti apportati dal decreto non risolveranno le problematiche strutturali che affliggono i due organi, quali la mancanza cronica di personale, che mina le funzioni di base e l’organizzazione di iniziative collaterali, o l’inadeguatezza dei fondi a disposizione, un deficit che influisce su ogni spesa, da quella per la manutenzione e la ristrutturazione dei locali, a quella dei progetti di digitalizzazione del patrimonio documentario”.

E, precisano da Mi Riconosci, la crisi non è imputabile al personale dell’Archivio o della Soprintendenza, ma alla mancanza di politiche concrete a sostegno della cultura. Da una parte la Soprintendenza accumulerà ulteriori impegni e carichi di lavoro, mentre l’Archivio, rimasto con solo 2 funzionari archivisti, avrà ancora più difficoltà a organizzare iniziative, stipulare convenzioni e accedere ai fondi. La stessa fruibilità della documentazione conservata è a rischio, e parliamo di un bene culturale pubblico prezioso non solo per la comunità locale e nazionale, ma tra i più importanti a livello internazionale, che richiama studiosi da tutto il mondo.

“Vorremmo poter dire che questa operazione è slegata dalla realtà. In verità il caso genovese, così come la vicenda della festa di matrimonio all’Archivio di Stato di Napoli, o quella dei vergognosi tempi di attesa della graduatoria del concorso per funzionari archivisti, conferma che è proprio questa la realtà  attuale degli archivi. E non sono, per quanto importanti, la mancanza di fondi, personale o strutture, a decidere la direzione. Alla base di questa realtà c’è una coscienza culturale distorta, che vede gli archivi come vecchi, ingombranti, quasi inutilizzabili nell’epoca in cui il valore di un bene pubblico risiede nella visibilità e nel guadagno immediato che riesce a creare” nota ancora Jacopo Giovannini di Mi Riconosci. 

Gli attivisti notano che, nelle recenti intercettazioni sull’ex ministro Gennaro Sangiuliano diffuse da Report, questi usa, per esprimere il desiderio di anonimato, proprio metafore legate all’archivio: un “capo” dell’archivio che mette in ordine i faldoni e un archivista che lavora tranquillo sotto una luce soffusa. “Riferimenti ingenui ed errati, non rappresentativi della realtà ma che, di fatto, chiariscono come chi la sta plasmando non la conoscesse” conclude l’associazione, che rinnova l’invito al ministro Giuli a riportare l’Archivio genovese all’autonomia precedente, oltre a investire per risolvere i nodi strutturali degli archivi di stato italiani.


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