Pubblichiamo la lettera di un ex socio FAI che esprime stupore e dissenso nei confronti delle visite organizzate dalla fondazione allo stabilimento Henraux di Querceta

Buonasera,

Invio la presente mail per esprimere tutta la mia incredulità riguardo alle visite proposte allo stabilimento Henraux di Querceta per le giornate fai di Autunno del 16/17-10-2021 !

Oltre all’incredulità subentra il dissenso, da associato FAI per diversi anni.
Io, la mia compagna, i miei genitori siamo stati spesso associati FAI e abbiamo sempre pubblicizzato o regalato la tessera come regali di compleanno o natale. Non che sia importante questa puntualizzazione ma è giusto per contestualizzare che chi vi sta scrivendo vi ha sostenuto per anni, non è un polemico che cerca di occupare qualche minuto.

Già da un po’ di tempo ci sono state scelte non in linea con quello che un’organizzazione come il FAI dovrebbe proporre che mi (ci) hanno fatto allontanare. Ma questa, se possibile le batte tutte.   
Se le precedenti situazioni si muovono su un filo del cattivo gusto e sui margini del proprio statuto, questa visità/pubblicità dal sapor di greenwashing alla henraux le batte tutte. “Sapor di greenwashing” non è offesa fine a se stessa, indica esattamente quello per cui questo termine è stato coniato. Ripulire la reputazione ambientale di certe aziende totalmente avverse alla tutela e al rispetto dell’ambiente.
Prima di tutto la visita è inaccettabile per l’art 2 del vostro statuto che qui pleonasticamente riporto ma che dovreste conoscere:

il Fai ha come scopo esclusivo l’educazione e l’istruzione della collettività alla difesa dell’ambiente e del patrimonio artistico e monumentale italiano. Tale scopo viene perseguito attraverso lo svolgimento delle seguenti attività: – tutela, promozione e valorizzazione di beni di interesse artistico, storico e del paesaggio; – tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; – promozione della cultura e dell’arte. In relazione a quanto sopra il FAI può altresì promuovere attività di studio, ricerca scientifica e documentazione. In particolare il FAI può: – intraprendere e promuovere ogni azione diretta alla tutela, conservazione e recupero dei beni di cui sopra e degli ambienti che con essi abbiano attinenza; ciò anche in accordo con altri enti con analoghe finalità; – svolgere attività di studio, promozione e intervento, sia direttamente sia organizzando o favorendo riunioni, convegni, seminari, sia concedendo sovvenzioni, premi e borse di studio; – acquistare, sia a titolo oneroso che gratuito, prendere in locazione, usufrutto, concessione, uso, comodato e comunque gestire beni di interesse artistico storico, paesaggistico o ambientale. Il FAI può perseguire i propri scopi anche attraverso ogni più opportuno accordo con altri enti o istituzioni, ed essere destinatario di beni di altre fondazioni con analoghe finalità, secondo le modalità previste dall’art. 31 del Codice Civile. Il FAI non ha scopo di lucro. 

Al di là di come la si possa pensare è quanto meno stridente che una tale associazione organizzi una gita in un sito industriale che lavora a pieno regime, consumando e depauperando le risorse del territorio, per di più una società perennemente al centro di polemiche ambientali. Una società che ha avuto una sorta di reality/pubblicità trasmesso su dmax e che, nel caso ve lo foste perso, fa vedere bene come concepisce il rapporto uomo moderno-territorio.
Oltre alle polemiche poi sono i fatti che contano, e credo che le nostre montagne regalate alle Henraux e ridotte ormai a moncherini, come il picco di Falcovaia, siano abbastanza per non far rientrare tale attività in ciò che l’art2 del vostro statuto dovrebbe promuovere. Senza pensare alle acque dei fiumi, alle acque del Frigido, imbiancate dall’inquinamento di polveri e olii esausti di cava che stanno incementando l’alveo e pregiudicando la vita nel fiume (inquinamento da marmettola).

Quando accadono queste cose è normale avere cattivi pensieri, ci si domanda quanto o cosa conosciate di quel territorio. Anche al di là dell’eccellenza del manufatto proposto non ci si deve che fermare. Un prodotto finito non può nel 2021 giustificare la sua origine, il suo ottenimento. Si parla di un territorio messo tra i 43 disastri ambientali simbolo nel mondo affrontati nel documentario “Anthropocene” distribuito a livello mondiale. Anche solo vedendo la lista delle vostre visite toscane, leggere di questa visita non poteva che fare l’effetto di unghie sulla lavagna. Sarebbe bello che invece di queste visite dal sapor di promozione di azienda privata, si arrivasse a delle visite per far conoscere il disastro ambientale in atto su quei monti, dove ormai il mito del cavatore è appunto un mito, e dove l’estratto per opere d’arte è nel numero risibile del 3%.

Date queste cose  e visto il vostro status, sapendo di cosa si occupa la Henraux S.p.A, come si coniuga tutto questo con una promozione del loro lavoro tramite la vostra associazione? E Perchè? Ce n’era bisogno? Come si coniuga una visita in segheria o nel piazzale delle lastre lavorate, o sotto un carroponte con la vostra associazione? Giustificato solo dal museo Henraux?
Come può essere ripristinato un monte scomparso dopo la sua estrazione per farne rivestimenti di palazzi a Dubai o in Russia? Cosa rimarrà agli abitanti del territorio toscano del loro ambiente asportato? La “A” nel vostro acronimo sta ancora per  “Ambiente”? Sarei curioso di avere una risposta a queste domande. 

“Operiamo perché ogni nodo del tessuto sociale sia intriso di conoscenza, bellezza, benevolenza. L’avidità distrugge. La cultura della natura e della storia danno gioia”.

Se non sbaglio questa frase è del signor Andrea Carandini, Vostro Presidente. 
 
Ringraziando per l’attenzione,
Federico Sereni


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