Comunicato stampa del coordinamento toscano di Mi Riconosci dopo le recenti dichiarazioni del sindaco di Firenze Dario Nardella.
Siamo professionisti del settore culturale, giovani e meno giovani, fiorentini e toscani per nascita o per adozione, che da anni affrontano la precarietà nel sistema dei Beni culturali. Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di ascoltare, durante un intervento televisivo, le parole del sindaco di Firenze, Dario Nardella, in merito alla complessa fase della ripartenza e ai devastanti effetti del coronavirus su Firenze. Durante la puntata di Coffee Break su La7, del 29 maggio 2020, il sindaco ha, infatti, affermato che “nel decreto semplificazione bisogna consentire ai sindaci delle città d’arte, e sono tantissimi in Italia, di superare un muro di vincoli burocratici sul patrimonio storico-artistico”.
È indubbio e allo stesso tempo banale ribadire che gli strascichi lasciati dalla pandemia avranno effetti futuri imponenti sull’avvenire di città d’arte e non solo.
Lo stiamo vedendo già in questi giorni: se la ripresa è difficile, lo è ancora di più la ripartenza di tutti gli istituti culturali. Ad oggi, a Firenze, ci sono ancora musei importanti rimasti chiusi (primo fra tutti, il Museo Nazionale del Bargello), mentre gli altri procedono a scartamento ridotto, con orari dimezzati o peggio, accessibilità limitata, personale al minimo. Poche biblioteche hanno riaperto, così anche alcuni archivi, e offrono un servizio quasi inesistente, che in molti casi si riduce a 20 ore circa la settimana, solo per prestito e restituzione. Di fatto il rispetto delle norme di sicurezza e l’endemica mancanza di personale (problema ben più antico del Covid!) rendono praticamente impossibile la completa riapertura di questi luoghi, con conseguenze drammatiche sui lavoratori e sugli utenti – ad esempio, rischiando di paralizzare un altro mondo precario, quello della ricerca, per un tempo attualmente indeterminato. La gravità della situazione è tale che da alcune settimane i cento lavoratori in appalto delle biblioteche comunali fiorentine sono entrati in stato di agitazione, una crisi nella crisi generata della politica scellerata delle esternalizzazioni.
Questa triste situazione, di certo non esclusiva di Firenze, è l’ennesima dimostrazione – qualora ce ne fosse stato bisogno – che il nostro sistema culturale fa acqua da diverse parti.
Le evidenze del presente sono – chiaramente – figlie delle scelte tecnico-politiche del passato: dismissione totale della gestione pubblica, utilizzo del volontariato spesso come metodo sostitutivo, svilimento delle professionalità dei beni culturali e concezione delle città come dei veri e propri parchi giochi.
Il Sindaco di Firenze rientra pienamente in questa discussione poiché ha contribuito a implementare un modello di sviluppo culturale basato solo esclusivamente sull’overtourism e sui grandi tour operator. Non essersi preoccupati di ricercare un modello sostenibile che permettesse la convivenza dei cittadini e dei loro ospiti (turisti ndr) è la causa principale dei problemi giganteschi che stanno sferzando le nostre città d’arte, Pisa, Venezia, Roma, Firenze, Napoli e così via. Per intaccare questa tendenza non basta accennare sulla carta a qualche misura di contenimento (si pensi allo stop ai nuovi hotel in centro e al tetto per le locazioni brevi del tipo Airbnb annunciati da Nardella – La Repubblica. Firenze 27 maggio 2020), ma è indispensabile un programma strutturato e concreto che, allo stato attuale, sembra ancora drammaticamente lontano. Non appaiono di buon auspicio le dichiarazioni del sindaco di Firenze che individua come condizione fondamentale per il rilancio della città la rimozione dei vincoli storico-artistici. Una simile richiesta, oltre che avallare e proseguire la tradizione di discredito e di delegittimazione del ruolo delle Soprintendenze, trattate alla stregua di un nemico da abbattere, apre la strada a pericolose semplificazioni che rischiano di mettere a repentaglio il nostro patrimonio esautorando gli organi preposti alla sua tutela. Ed è tanto più grave perché applicata a una città come Firenze, dove la presenza dei privati è da tempo ormai profondamente innervata nei luoghi di maggiore interesse storico-artistico.
Come se già le nostre città d’arte non fossero dei bazar, spesso di cattivo gusto, come se il valore del bene culturale non fosse stato già ampiamente sacrificato sopra l’altare del profitto.
Le spinte e gli interessi, del resto, sono fortissimi, basta pensare a quello che avviene in Sicilia dove un’assemblea regionale, tramite un decreto contestatissimo già rinominato “Attila”, pensa di mettere le mani sul paesaggio dell’isola aprendo la strada a ulteriori e pericolose speculazioni.
Il Coordinamento toscano di Mi riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali, insieme ai tanti attori che già si sono mossi e hanno intenzione di muoversi in tal senso, ha intenzione di promuovere e sostenere un modello di città che deve essere, necessariamente, alternativo alla speculazione e all’esclusività del profitto.
Una città per tutti e di tutti.
Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali – sezione della Toscana
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