La caffetteria a Giardini Reali

I Giardini Reali, nell’area di San Marco a Venezia, dopo essere stati concessi a una fondazione privata hanno riaperto al pubblico. Ma a vantaggio di chi?

Poco più di due mesi fa, il 17 dicembre 2019, si è svolta la cerimonia di riapertura dei Giardini Reali di Venezia, spazio verde nel cuore della città a pochi passi da Piazza San Marco. In quell’occasione il ministro Dario Franceschini aveva parlato di “bellissima storia d’amore e generosità che deve essere d’esempio per altre storie simili che devono partire nel nostro Paese. Si parlava di “restituzione alla città” e di “mecenatismo”, ma i più attenti già allora sapevano che la storia era ben diversa. Sono bastate poche settimane perché se ne rendesse conto l’intera cittadinanza. 

I Giardini, realizzati per desiderio di Napoleone, inaugurati durante la dominazione austriaca e assegnati dal demanio dello stato al Comune nel 1923 per uso pubblico, dal 2014 sono in concessione a Venice Gardens Foundation. L’Onlus con un canone di 28.000 euro annui potrà disporre di 5500 metri quadri di giardini e della nuova caffetteria. La stessa Venice Gardens Foundation è la promotrice del restauro che vede come main sponsor (con 3 sui 5,2 milioni raccolti per l’intervento ai giardini) le Assicurazioni Generali, le stesse Generali che stanno portando avanti un altro importante progetto in Piazza San Marco, quello delle Procuratie Vecchie, e che tramite le parole del proprio direttore considerano le Procuratie “il primo tassello del più ampio progetto di Generali su Venezia e sull’area marciana”. Si era già scritto sul fatto che tutte queste operazioni si configurino come regali del Comune di Venezia a Generali, ma il caso dei Giardini Reali è forse ancor più clamoroso di altri.

Iniziamo dall’aspetto economico: Venice Gardens Foundation paga al Comune, per l’area in cui sorge il Parco, un affitto puramente simbolico, e chiede un affitto vero ai gestori della caffetteria. Non è dato sapere a quanto ammonti la cifra, ma in un servizio di Report del giugno 2018 si affermava che fosse “intorno ai 400 mila euro annui”. Un veloce calcolo illustra come Generali e VGF potranno rientrare dell’investimento per il restauro in pochissimo tempo: i donatori riceveranno anche uno sconto fiscale pari al 65% della donazione effettuata. Non dubitiamo che l’affitto possa essere così alto, se non di più: in questo bene che a detta del Ministro è “restituito alla città”, bere un caffè costa 6 euro, perfettamente in linea con tutta l’area marciana. L’intero spazio è controllato da custodi, il cui compito prevede di far rispettare il regolamento, affisso all’entrata. Sebbene il parco sia costellato di panchine, ideali per una breve sosta, il picnic è vietato. Chi viene sorpreso a fare merenda o pranzo al sacco, viene invitato a riporre il cibo o ad allontanarsi dal giardino. Gruppi di bimbi che giocano o si rincorrono vengono ripresi, insomma il clima non è esattamente quello che può essere uno spazio aperto volto all’aggregazione. Vige la regola del “decoro”, prima di tutto. 

L’evidenza di ciò che stava accadendo, o meglio è accaduto, data la concessione a Venice Gardens Foundation per 12 anni, è arrivato alle cronache giornalistiche locali circa un mese fa quando a una scolaresca di bambini è stato impedito di sostare nei Giardini Reali per mangiare un panino. Difficile è capire quale sia l’utilità pubblica se anche i bambini non sono i benvenuti: parrebbe uno spazio dedicato esclusivamente a turisti abbienti. Certo è, invece, che pochi giorni fa, i Giardini e il suo caffè siano stati i protagonisti di un tour dedicato alla stampa estera, per riportare il turismo in città dopo il calo dovuto ad acqua alta e coronavirus. 

A Venezia usare spazi culturali e terreni pubblici bisognosi di ristrutturazioni come anticamera di privatizzazioni sta diventando un pessimo vizio, come dimostra anche il caso dell’area M9 di Mestre, concessa a una Fondazione bancaria per pochi spiccioli. Questo è un problema per la città e per i cittadini: il fatto che un Ministro dei Beni Culturali benedica queste trasformazioni è forse un problema ancora più grande.

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