Da anni ormai, la settimana che precede le giornate FAI di Primavera diviene l’occasione per parlare, a reti unificate ed a tutte le ore, del nostro Patrimonio Culturale. Purtroppo lo si fa sempre ad una sola voce, senza contraddittorio e con una sola narrazione, offrendo ai cittadini l’idea di un’Italia meravigliosa, “da scoprire”, “da salvare”, facendo passare il messaggio che FAI e Patrimonio Culturale italiano siano quasi sinonimi.
Gli spettatori, gli ascoltatori, i lettori, però, meriterebbero un’informazione più completa da parte del servizio pubblico e non solo. Vengono taciuti dati di assoluta rilevanza, ad esempio il fatto che, a fronte di un boom turistico internazionale e italiano, a fronte di un boom dei guadagni delle Fondazioni culturali (tra le quali va annoverato anche il FAI stesso) l’occupazione nel settore non sia aumentata, ossimoro reso possibile dal sistematico utilizzo del volontariato sostitutivo al posto del personale qualificato e retribuito. Viene taciuto il fatto che, in mancanza di investimenti statali, crolli, degrado e furti stiano in questi anni aumentando, che l’apparato di tutela e di valorizzazione soffra di mancanza cronica di personale e di competenze. Situazione peggiorata con la pandemia: ma, a due anni dall’esplosione della stessa, nessuna riforma strutturale è stata intrapresa.
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