II.I ARCHEOLOGO
Per gli archeologi, ai sensi della legge 110/2014, sederanno al tavolo ministeriale, che deciderà i requisiti, ben due diverse associazioni professionali, CIA e ANA. Le stesse hanno elaborato tabelle con i requisiti professionali richiesti, le quali sono consultabili online, e considerano la figura dell’archeologo a 360 gradi, l’archeologia preventiva e la gestione di siti e musei. Per questo ci concentreremo poco sui requisiti e sulla figura professionale dell’archeologo, e spenderemo più parole riguardo il percorso formativo.
Quali requisiti professionali chiediamo? E perché?
Rimandiamo anzitutto al documento approvato da ANA il 9 maggio 2015 (http://www.archeologi.org/images/documenti/requisiti.pdf). I requisiti professionali da noi proposti (per poter entrare negli elenchi previsti dalla legge 110/2014, e in un prossimo futuro, ci auguriamo, per poter svolgere la professione a ogni livello) sono i seguenti:
- Laurea triennale L-1 Beni Culturali o altra laurea triennale con tesi in archeologia e 80 CFU in materie specifiche per essere considerato collaboratore archeologo. Si dovranno quindi svolgere esami di materie quali geologia, geoarcheologia, preistoria e protostoria, archeologia greca, archeologia romana, archeologia medioevale, archeometria.
- Laurea magistrale, combinata a 12 mesi di esperienza professionale (30 ore settimanali) da cumularsi durante gli anni di formazione, per poter svolgere il ruolo di archeologo professionista. Il dato cumulativo delle ore è raggiungibile anche dopo aver concluso il percorso accademico con relativa esperienza lavorativa o apprendistato. Un percorso formativo, questo, che permetta ai soggetti interessati di svolgere le proprie attività escluse quelle che prevedono responsabilità penale(direzione e collaudo di scavi, collaudo degli stessi e redazione di documenti di verifica dell’archeologia preventiva): per queste ultime attività, come previsto dalla norma 163/2006, riteniamo sia giusto prevedere il possesso di un titolo di Scuola di Specializzazione o Dottorato (si veda però paragrafo seguente).
- I titoli post-lauream (Dottorato e diploma di Scuola di Specializzazione) devono permettere infine ai soggetti interessati di accedere a ruoli e cariche dirigenziali.
Rispetto ad altre professioni analizzate in questo documento, molto per gli archeologi è già stato fatto dalle associazioni professionali sopracitate. Dopo queste brevi proposte, dunque, ci concentriamo su un problematico percorso formativo.
Il percorso formativo: analisi, criticità e proposte
Ad oggi il percorso formativo di un archeologo si costituisce, di norma, di laurea triennale in Beni Culturali (L-01) o affini, laurea magistrale in Archeologia (LM-2), e Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici. La distribuzione e la diffusione di tali corsi, a differenza di altre discipline di cui parliamo in questo documento, è buona e copre quasi tutto il territorio nazionale. Si tratta però di un percorso che presenta parecchie criticità e disomogeneità sul piano nazionale, ecco la nostra analisi e le nostre proposte, che vi invitiamo a commentare suggerendo modifiche o, perché no, integrazioni:
- Laurea Triennale: con questo titolo auspichiamo si possa diventare “collaboratore archeologo”. Ma una Laurea Triennale in Archeologia, stando alle tabelle ministeriali, non esiste, tanto che in giro per il Paese si trovano lauree triennali in “Beni culturali”, “Beni culturali a indirizzo archeologico”, “Archeologia”, “Lettere ad indirizzo archeologico” e via dicendo. La laurea triennale “naturale” nel percorso formativo dell’archeologo dovrebbe essere la L-01 (Beni Culturali), ma è necessario un lavoro di riordino e omogeneizzazione: proponiamo che sia obbligatorio, in tutta Italia, avere 60 CFU nelle materie ad indirizzo archeologico (es. Archeologia classica, Archeologia medievale, Archeologia preistorica) per accedere alla Laurea Magistrale in Archeologia LM-2, e 80 CFU nelle materie ad indirizzo metodologico per poter svolgere la professione come collaboratore archeologo al termine della triennale.
- La Laurea Magistrale presenta relativamente pochi problemi, anche se i programmi andrebbero rapidamente aggiornati includendo, sempre, corsi specifici in materia tecnico amministrativa, atti a preparare lo studente all’amministrazione all’interno del pubblico esercizio e non. Esistono due criticità che si vogliono mettere in luce, sempre riguardo la Laurea Magistrale LM-2: la prima è l’esistenza di corsi di Laurea Interclasse che integrano i CFU obbligatori per rientrare nella classe LM-2 con quelli obbligatori per rientrare in un’altra classe, questo non dovrebbe essere permesso perché si offre allo studente una formazione molto meno specifica, e un doppio titolo. Il secondo problema è che ci sono corsi di Laurea in Archeologia che prevedono attività pratiche di scavo e laboratorio facoltative, altri che le prevedono obbligatorie e altri che non le prevedono affatto. Questo porta a una grande disparità nella preparazione professionale degli studenti che escono dalle diverse Università. Proponiamo di richiedere, come requisito professionale, 12 mesi di attività pratiche di scavo o laboratorio, accumulabili sia durante gli anni universitari (equivalenti a 20 CFU) sia dopo: in questo modo ci auguriamo che le Università che ad oggi non lo fanno, siano stimolate ad offrire agli studenti la possibilità di affrontare attività di tirocinio durante gli studi, e ad esigere fondi dal MiUR per tali attività.
- I problemi più gravi riguardano il post-laurea. La Scuola di Specializzazione, unicum italiano e non riconosciuta in Europa, nata per preparare alla professione e al lavoro nel pubblico impiego, negli anni è andata svuotandosi della sua funzione e equiparata o addirittura sminuita rispetto al Dottorato (che dovrebbe avere funzione diversa, di ricerca più prettamente accademica) nei concorsi ministeriali. Per questo le Scuole di Specializzazione richiedono una riforma sostanziale, anzitutto nei programmi, che devono divenire molto più pratici e professionalizzanti, e nei costi: attraverso un sistema nazionale di borse di studio o fasciazione delle tasse basata sul reddito, le Scuole di Specializzazione devono essere economicamente accessibili a chiunque superi il test iniziale; purtroppo oggi risultano economicamente inaccessibili, o difficilmente accessibili, per molti studenti e aspiranti professionisti. Poi si deve tornare a considerare Specializzazione e Dottorato come percorsi paralleli e diversi, e non conseguenti o sovrapponibili (con conseguente adeguamento dei programmi, se necessario): dare più importanza e valore al Dottorato nei concorsi accademici e per posti riguardanti la ricerca; valutare invece il titolo di Scuola di Specializzazione come più rilevante per concorsi riguardanti l’amministrazione pubblica e la professione da praticarsi nel territorio al di fuori di accademie e istituti di ricerca.
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VERSO IL RICONOSCIMENTO – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 30/05/2016 at 18:02
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PARTE II: ALCUNE PROPOSTE, PROFESSIONE PER PROFESSIONE – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 30/05/2016 at 18:07
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