Scendere in piazza per la cultura, scendere in piazza per il patrimonio. Semplice, intuitivo, folle. Questa l’idea alla base della manifestazione “Emergenza Cultura: salviamo l’articolo 9!” che si terrà a Roma il 7 maggio prossimo, a cui aderiamo e che abbiamo contribuito a costruire (sia come Rete della Conoscenza, sia come campagna “Mi riconosci?”).
Una manifestazione per difendere il patrimonio culturale? Follia, come si accennava. Per questo forse è la prima manifestazione di questo tipo in Italia. Ma in un’epoca in cui la normalità è la barbarie morale e culturale, una scelta apparentemente folle è l’unica scelta possibile, l’unica scelta logica. Dobbiamo urlare a gran voce che il patrimonio culturale va difeso, che lo splendido articolo 9 della nostra Costituzione non va indebolito né ignorato, con tutte le conseguenze che ciò sta comportando.
Noi il 7 maggio saremo a Roma convintamente, e speriamo che voi che leggete facciate altrettanto. Quella che su alcuni giornali purtroppo è passata come una manifestazione “contro”, in particolare contro l’ultima Riforma Franceschini, in realtà è molto, molto di più, come potrete leggere nel manifesto che funge da “chiamata alle armi”: https://emergenzacultura.org/2016/04/20/il-nostro-documento/#more-54. Si parla di tutela, di lavoro, di finanziamenti, di formazione. Ognuno può venire in piazza con le sue motivazioni, noi vi daremo le nostre.
Noi saremo in piazza anzitutto per chiedere un rilancio del settore con maggiori investimenti, per un’occupazione di qualità, per dare riconoscimento e dignità ai professionisti del settore, per dire basta con il lavoro gratuito e la visione del lavoro culturale come “passatempo”. Noi manifesteremo perché il patrimonio culturale venga difeso, dato in mano a chi sa gestirlo al meglio, perché le competenze vengano messe a frutto per il vantaggio del Paese tutto e perché chi le possiede sia messo nelle condizioni di svolgere questa importante funzione sociale per la cittadinanza tutta.. Solo impiegando con senno e dignità le persone più preparate, la cultura potrà tornare ad essere al centro della vita del Paese, solo così il patrimonio culturale potrà tornare a essere motore di sviluppo sociale e culturale, nonché economico. E questo va detto, va urlato, come non è mai stato fatto prima: va messo un argine a questa deriva.
Non saremo certo in piazza per mantenere un pessimo “status quo”. Sì, la Riforma Franceschini è un problema, è uno dei problemi che ci troviamo di fronte: non si può calare dall’alto una riforma del genere senza pensare alle conseguenze, senza assumere quanto necessario (il concorso per l’assunzione di 500 funzionari non sarà in grado di sopperire nemmeno ai pensionamenti previsti entro il 2017). Non si possono introdurre norme scellerate come il “silenzio-assenso” previsto dalla Legge Madia sulla Pubblica Amministrazione senza prima mettere le Soprintendenze in condizione di rispondere in tempo. Ma la soluzione non è semplicemente il tornare indietro, perché già prima i problemi erano evidenti. La soluzione è andare avanti, ma nel modo giusto: riformiamo, ma riformiamo sulla base di un confronto ampio e che si concentri sulle esigenze del settore, non sugli appetiti economici di chi vuole allentare vincoli e burocrazia ad ogni costo. Riformiamo senza piegare le Soprintendenze alle prefetture, senza agire nello stato di emergenza perenne creato ad arte per sospendere a tempo indeterminato la normalità.
No, così non va. Fermiamoci. Costruiamo una politica culturale seria e di lungo periodo. Investiamo, assumiamo, riformiamo, creiamo. Crediamo nei professionisti dei beni culturali. Crediamo nella cultura. Non con ridicoli interventi spot o sfilate di moda. Non con una Scuola per il Patrimonio che rischia di portare a 12 (12!!) gli anni di formazione necessari per diventare funzionario ministeriale. Non con bandi per far lavorare gratis i giovani professionisti perché, come disse Franceschini “è un grande arricchimento per il curriculum”.
No. L’unico arricchimento è per chi ci sfrutta. Il Paese così perde cultura, soldi e talenti. Perde la sua Storia.
Serve una politica culturale seria, basata su un rilancio occupazionale e riforme strutturali ben costruite.
Questo noi lo andremo a urlare il più possibile vicino all’orecchio del Ministro e del Governo, a Roma il 7 maggio. E speriamo di vedervi in tante e tanti.
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