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Con la serie su Leonardo la RAI ha perso l’ennesima occasione di offrire al pubblico un prodotto culturale di qualità, nonostante 30 milioni di budget

Dal 23 marzo e al 13 aprile i telespettatori di RAI1 hanno assistito alla messa del nuovo sceneggiato dedicato al genio di Leonardo da Vinci, produzione italo-francese decisamente ambiziosa, presentata fin da subito come un “crime mistery”, in cui necessariamente si inseriscono elementi di invenzione, che però si prometteva di svelare “il mistero di uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici della storia”, scavando “in una personalità complessa ed enigmatica rivelandone la straordinaria modernità e profondissima umanità”.

In realtà, di storico si è visto molto poco, nonostante la vita di Leonardo sia stata ampiamente studiata e presenti una cronologia con molti punti saldi, incluso il fatto che nel 1506, anno del fantomatico processo che apre la vicenda attorno a cui ruota tutta la serie, Leonardo non fosse a Milano. Era invece a Milano 16 anni prima, nel 1490, quando si preferisce piazzarlo a bottega dal Verrocchio (morto nel 1488!), dove conosce la coprotagonista Caterina da Cremona. In pochi minuti dall’aprirsi della serie l’intera cronologia viene completamente stravolta, e si introducono due fatti mai avvenuti, su cui si fonda l’intero intreccio: un falso processo per omicidio e un rapporto preferenziale con un personaggio storicamente non attestato, se non come nome isolato in una fonte tarda.

La serie si snoda poi tra ambientazioni fantasiose (tra le quali una Milano ricostruita con gli interni di Palazzo Farnese a Caprarola e i giardini di villa d’Este a Tivoli), vengono presentati altri personaggi d’invenzione, come Tommaso, compagno di bottega di Leonardo, il tutto infarcito di misteri e cospirazioni che trasformano Leonardo in un ricercato da crime fiction. Ma il più grande mistero arriva alla fine, per giustificare l’inserimento della mai esistita Caterina da Cremona: Leonardo ha fatto sparire ogni prova della sua esistenza per proteggere lei e Francesco, il figlio avuto da Ludovico il Moro, arrivando a distruggere ogni opera che la ritraesse, tra le quali la perduta “Leda e il cigno” (che sappiamo essere invece rimasta in circolazione per lo meno fino a tutto il XVII secolo) e una tavola che in realtà rappresenterebbe un dettaglio dell’angelo della “Madonna delle Rocce”, tutt’altro che scomparsa

Sia chiaro, siamo ben consapevoli che il cinema non è storiografia e un regista è libero di raccontare, di creare il suo Leonardo, bello e dannato sin dalla nascita, ambientandone le vicende in un Rinascimento immaginario, tra modelli da fashion week e vernissage con aperitivo. È stato ampiamente ripetuto dai registi che si tratta di una fiction e non di un documentario e che non si volesse fare “una rottura di palle” su Leonardo, per citare l’attrice Matilde de Angelis, interprete di Caterina. 

Ma la vita di Leonardo da Vinci è stata tutt’altro che una rottura di palle, anzi un’avventura ricca di tanti colpi di scena e cambi improvvisi. Eppure si è preferito raccontare altro, una storia d’invenzione. Fa una certa impressione notare che con 30 milioni di budget si sia deciso non investire maggiormente su consulenze storiche, o quantomeno di ascoltarle, cosa che avrebbe permesso alla serie di avere non una veridicità, ma almeno una credibilità storica, evitando conversazione e situazioni impossibili per il XV secolo, lettere in inglese, e magari mettendo in scena riproduzioni che fossero vagamente presentabili. Per non parlare dei pochi dati storici presentati alla fine, relegati a didascalie appena leggibili e mescolati con dubbie allusioni alla memoria perduta dell’inesistente Caterina.

Investendo in questi prodotti e celebrandoli urbi et orbi, la RAI ha perso ancora una volta la possibilità di utilizzare il cinema come veicolo per parlare a tante e tanti, con semplicità, di quel periodo straordinario e misconosciuto della storia italiana che è il Rinascimento, e di un artista eclettico come Leonardo da Vinci che tanto ancora incuriosisce il pubblico. Perché sì, una fiction può essere ben scritta e di alta qualità, facendo al contempo corretta informazione storica, come d’altronde fu fatto con lo sceneggiato del 1971 proprio sulla vita di Leonardo.

Sulle ali del “successo” di questi otto episodi, che di fatto hanno utilizzato il nome di un personaggio storico realmente esistito per creare un prodotto commerciale che nulla avesse a vedere con lo stesso, si sta già pensando ad una seconda stagione e ad una fiction su Michelangelo; se le aspettative per il Leonardo “segreto” di questa nuova stagione  non sono alte, molti sono anche i dubbi su come si sceglierà di raccontare del Buonarroti, un altro artista che ebbe una vita tutt’altro che piatta e della quale si sa davvero tanto, come molto si sa del suo carattere, cosa che dovrebbe lasciare davvero poco spazio per inventare situazioni e personaggi improbabili. 

Non c’è dubbio che sia possibile e doveroso fare di più con questi budget, il pubblico lo merita, in particolare quel pubblico che finanzia con le proprie tasse la RAI in quanto servizio pubblico; la storia non è una palla, deve solo essere ben raccontata e non falsificata o tantomeno inventata puntando sull’emotività, intrattenendo i telespettatori senza insegnare loro nulla o, peggio, convincendoli di fatti falsi e di una visione del passato italiano lontanissima da quello che fu. 


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