Dopo la riapertura di maggio, il Parco di Pompei ha chiuso il percorso destinato alle persone con disabilità. Una denuncia sui giornali ha cambiato le cose, ma i disagi rimangono.
Mentre il Parco Archeologico di Pompei inaugurava una nuova mostra (“Venustas”) dal 31 luglio, e annunciava l’apertura di una collaborazione col mondo dell’arte contemporanea, è esploso sui giornali un caso che fa riflettere su quali siano le vere priorità del Parco in un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo. Nell’era post-lockdown, il Parco Archeologico ha interrotto il percorso “Pompei per tutti”, destinato alle persone con disabilità.
Era un progetto atteso da decenni, inaugurato a dicembre del 2016: il più grande itinerario facilitato di visita mai allestito all’interno di un’area archeologica in Italia, realizzato nell’ambito del Grande progetto Pompei. Il Direttore di Pompei Massimo Osanna allora dichiarava: “Solo mettendo chiunque in condizione di visitare un sito culturale, testimonianza della nostra storia e identità, esso è davvero patrimonio di tutti.” Prima del Covid. All’epoca infatti il percorso accessibile era lungo 3 km, si sviluppava tra via dell’Abbondanza (il decumano massimo) ed altre strade secondarie che consentono l’ingresso a numerose domus, comprendendo un itinerario di visita abbastanza ampio. Dopo il lockdown invece la visita è stata limitata a via dell’Abbondanza, a causa dei percorsi obbligati che costringono molte persone a concentrarsi lungo le stesse strade e le stesse case. Ma non finisce qui: dopo aver percorso una strada comunque accidentata nonostante le rampe, entrando da Piazza Anfiteatro, non si poteva uscire al Tempio di Venere: l’antiquarium con l’ascensore era infatti rimasto chiuso dalla riapertura di maggio, e si era costretti a tornare indietro per quasi due km (!)
Fino a una settimana fa, chiamando l’ufficio informazioni degli Scavi per ricevere indicazioni sul percorso “Pompei per tutti”, vi avrebbero risposto che, a causa dei nuovi percorsi obbligati post-covid, il percorso era interrotto. Eppure le rampe sono lì, a disposizione delle carrozzine. Allora qual è il problema? La volontà di risparmio probabilmente, che spiega anche il fatto che il personale sia ancora in cassa integrazione e si siano creati percorsi obbligati inutili che creano assembramenti, o vi siano numerose case chiuse per mancanza di personale.
Da pochi giorni qualcosa è cambiato. Il 25 agosto una coraggiosa ragazza, Mariangela Attolico ha sollevato un polverone chiamando i carabinieri, e mettendo l’opinione pubblica al corrente di quanto stava accadendo. Venerdì scorso, dopo aver visitato gli scavi, sarebbe voluta uscire al Tempio di Venere: ma l’ascensore e l’antiquarium sono chiusi al pubblico. Un custode la invita a tornare indietro; lei, sfinita dal percorso in carrozzina e dal caldo, vorrebbe giustamente usare l’ascensore. Nessuno la ascolta: amareggiata, sfiduciata, la ragazza si rivolge ai carabinieri. Miracolosamente, nel giro di trenta minuti l’ascensore si apre e Mariangela può uscire. L’articolo uscito sul Corriere del Mezzogiorno ha scosso, dopo mesi di torpore, la macchina organizzativa, e, come spesso accade, ha portato un miglioramento. Dal 26 agosto compare un avviso sul sito del parco archeologico:
AVVISO:
I visitatori con difficoltà motoria potranno, entrando dall’ingresso di piazza Anfiteatro, seguire il percorso facilitato “Pompei per tutti”. Per l’uscita è possibile al momento ritornare verso il varco di Piazza Anfiteatro, oppure recarsi presso l’Antiquarium (temporaneamente chiuso per lavori di manutenzione) e chiamando il coordinamento (+39 0818575400) utilizzare l’apposito ascensore (tempi di attesa variabili) per raggiungere le uscite di Piazza Esedra e Porta Marina.
Ma non crediate che sia tutto risolto. “Ho svolto il percorso con un giovane cliente in carrozzina il 29 agosto” ci ha spiegato Marina Minniti, attivista di Mi Riconosci e guida turistica “Di fatto l’unica novità è il ripristino dell’uscita accessibile. Per evitare interruzioni lungo il percorso, ho dovuto limitare la nostra visita a via dell’Abbondanza, per poi telefonare al coordinamento e chiedere di usare l’ascensore. Ho dovuto spiegare al mio interlocutore dell’avviso sul sito, perché lui non ne sapeva niente e mi ripeteva che l’ascensore era fuori uso. Poi, nell’attesa del custode, ho dovuto spiegarlo anche ad un altro, anch’egli disinformato. Non c’è comunicazione tra chi prende le decisioni e chi deve eseguirle, ed è un peccato perché i custodi che ho incontrato ci hanno poi subito risolto il problema”.
Già, il problema: le persone con disabilità o con pluri-disabilità non devono essere “un problema”. I problemi li creiamo noi con la nostra società ingiusta e poco attenta alle loro esigenze e bisogni, pronti a comunicati stampa roboanti quando adottiamo delle soluzioni per loro e a tagliarli fuori in caso di necessità.
E Pompei a riguardo è un’eccellenza, perché il percorso esiste, seppur rimasto forzatamente chiuso per mesi. Il nostro patrimonio museale presenta ancora barriere fisiche e sensoriali che impediscono alle persone con disabilità il pieno accesso agli spazi museali e di usufruire del loro diritto alla cultura. L’accessibilità museale è pienamente normata da diversi anni. Ma i dati dell’indagine Istat parlano da soli, siamo tanto bravi a scrivere le regole quanto a ignorarle: “solo la metà dei musei italiani (il 53%) è adeguatamente attrezzato per garantire l’accessibilità degli spazi e la fruibilità delle raccolte agli utenti con disabilità”. Chiunque abbia vissuto accanto a persone con disabilità sa che devono affrontare ogni giorno una quantità incredibile di ostacoli. Ci aspettiamo che Pompei e tutti i luoghi della cultura nel nostro Paese siano pronti a rimediare, senza passi indietro alla prima difficoltà economica.
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