Anche a Prato la cultura ha piedi di argilla: l’esternalizzazione imperante in tutto il Paese non ha risparmiato questa città, che vede larga parte del suo ricco patrimonio culturale (museo di Palazzo Pretorio, museo del Tessuto, museo dell’Opera del Duomo e il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci) affidato in gestione alla Società Cooperativa Culture, che agisce in RTI in qualità di capofila insieme ad altre cooperative. In particolare, al Centro Pecci, dove assieme alla cooperativa opera la Fondazione per le Arti contemporanee in Toscana, la gestione è contraddistinta da forti incertezze e scarsa chiarezza, come segnalato anche dal comunicato stampa di USB del 29 giugno. Servizi come il Nuovo Cinema Pecci sono gestiti in maniera altalenante, come dimostra la decisione presa a giugno dalla fondazione di tagliare le ore dedicate al servizio cinema per il mese di luglio: 165 ore in meno di servizio alla cittadinanza, e quindi 165 ore lavorative in meno per i dipendenti, che già oscillano fra part-time forzati, contratti a tempo determinato e contratti a chiamata (CCNL multiservizi), ottenendo come conseguenza salari bassi e maggiore precariato. “Quello che per la Fondazione è un servizio potenziabile o tagliabile a piacimento, a seconda dell’andamento degli incassi, per i lavoratori è parte integrante del proprio salario e della pianificazione della propria vita fuori dal posto di lavoro”, sottolinea una lavoratrice dei musei pratesi.
0 Comments