La recente pandemia ha fatto esplodere anche a Monza quelle contraddizioni e quei problemi che prima faticosamente si cercava di contenere. La villa non ha un’unica gestione: è divisa in blocchi, una parte è gestita da un consorzio, una parte è gestita da un concessionario. La parte gestita dal concessionario da marzo non ha più riaperto. Prima della pandemia avevamo un’azienda (“Cultura Domani”), che riusciva faticosamente a far quadrare i propri conti, senza che mostre blockbuster e eventi esclusivi (ed escludenti) siano riusciti a cambiare minimamente le sorti. Un sito che di per sé non avrebbe bisogno di grandi eventi: si tratta di un’importante villa, che racconta sia il passato, locale, della dominazione asburgica, finanche quello nazionale italiano, essendo stata dimora sabauda fino al regicidio – avvenuto nei suoi pressi – di Umberto I.
E invece abbiamo un quadro di conti traballanti e lavoratori precarizzati, comune a tutto il Paese e che COVID-19 ha involontariamente contribuito a far saltare in aria. Ora quell’azienda si sta ritirando dalla concessione, noncurante del destino dei dipendenti e degli spazi che dovrebbe gestire.
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