Da marzo il corpo centrale della Villa Reale di Monza è chiuso a causa di un disinteresse del concessionario. I lavoratori ne chiedono con forza la riapertura con una protesta.

Martedì scorso 8 settembre una colorata protesta è andata in scena davanti ai cancelli chiusi della Villa Reale di Monza, la residenza gioiello voluta da Maria Teresa d’Austria alla fine del XVIII secolo.  A protestare sono i lavoratori e le lavoratrici esternalizzati che ne chiedono la riapertura. Sì, perché una larga parte di Villa Reale è ancora chiusa. Coroncine di cartone in testa, “festeggiano” ironicamente la mancata riapertura dei cancelli, i loro contratti a rischio e chiedono a gran voce delle soluzioni.

La recente pandemia ha fatto esplodere anche a Monza quelle contraddizioni e quei problemi che prima faticosamente si cercava di contenere. La villa non ha un’unica gestione: è divisa in blocchi, una parte è gestita da un consorzio, una parte è gestita da un concessionario. La parte gestita dal concessionario da marzo non ha più riaperto. Prima della pandemia avevamo un’azienda (“Cultura Domani”), che riusciva faticosamente a far quadrare i propri conti, senza che mostre blockbuster e eventi esclusivi (ed escludenti) siano riusciti a cambiare minimamente le sorti. Un sito che di per sé non avrebbe bisogno di grandi eventi: si tratta di un’importante villa, che racconta sia il passato, locale, della dominazione asburgica, finanche quello nazionale italiano, essendo stata dimora sabauda fino al regicidio – avvenuto nei suoi pressi – di Umberto I.
E invece abbiamo un quadro di conti traballanti e lavoratori precarizzati, comune a tutto il Paese e che COVID-19 ha involontariamente contribuito a far saltare in aria. Ora quell’azienda si sta ritirando dalla concessione, noncurante del destino dei dipendenti e degli spazi che dovrebbe gestire.

Sembra una storia quasi da manuale, per chi conosce come funzionano solitamente queste vicende. Una storia su cui abbiamo intenzione di tornare, tanto il caso appare emblematico. Sei anni fa, terminato il restauro da parte di un’importante impresa edile (Italiana Costruzioni) parte la gestione del corpo centrale della Villa, da parte di una “costola” di questa impresa edile, “Cultura Domani” appunto. 30 contratti a tempo indeterminato e il solito corollario di personale esterno, come le guide turistiche. Ad oggi di quei 30 lavoratori sono rimasti in 8, e tutti in cassa integrazione. Gli spazi riaperti nel 2016 dopo il restauro e dati in gestione a “Cultura Domani” – gli unici accessibili a guide esterne – sono ancora chiusi. Le richieste di chi lavora sono semplici: continuità del proprio posto di lavoro, riapertura degli spazi, costruzione di un progetto di gestione del sito chiaro e stabile.

Può una città come Monza rimanere ancora a lungo quasi priva di uno dei poli culturali più importanti che custodisce? Non secondo chi lì dentro ci lavora, costruendo quotidianamente quei servizi culturali così importanti per la tenuta di una democrazia, e che non andrebbero mai messi in pausa, specialmente quando l’unico motivo per cui si è fermi è proteggere gli investimenti di qualche concessionario. 


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