Le visite culturali a tempo nell'estate del COVID

Nell’estate del covid proliferano in musei e mostre le visite culturali a tempo. Una scelta che  nulla ha a che fare con il contenimento dei contagi.

Sembra che l’estate del covid ci stia lasciando un’altra pericolosa eredità, che nulla ha a che fare con i virus: la visita museale a tempo. Alla mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale i visitatori hanno 5 minuti per ogni sala; alla Pinacoteca di Brera (38 sale) sono 90 minuti per l’intera visita; al Museo Archeologico Nazionale di Taranto (25 sale) c’è un massimo di 45-50 minuti per ognuno dei due piani; a Pompei la visita dura al massimo due ore e il percorso è limitato e obbligato. Solo per fare degli esempi. Quasi tutti i musei e le mostre più frequentate hanno imposto ai visitatori percorsi unidirezionali e tempi obbligati.

È abbastanza evidente che queste nuove modalità di visita poco hanno a che fare con la qualità dell’esperienza estetica o tantomeno con il “garantire un’adeguata sicurezza”. Diversamente, le organizzazioni dei percorsi espositivi con tempi predefiniti tengono conto solo della quantità di biglietti da vendere. Molto spesso, ottenendo il massimo risparmio per quanto riguarda il personale.

La mostra su Raffaello al Quirinale e il Parco di Pompei sono forse i due casi limite. Ai gestori della mostra al Quirinale serviva una soluzione per riuscire a tamponare le perdite d’incassi della mostra più attesa dell’anno, duramente danneggiata dallo scoppio dell’emergenza sanitaria. Così, per staccare un numero maggiore di biglietti (allo stesso prezzo), si è scelto di allungare a dismisura gli orari di apertura ma imponendo un percorso scandito temporalmente con una campanella che avvisa il pubblico a procedere oltre. Che il visitatore non abbia avuto il tempo necessario di vedere tutto poco importa. È vietato sostare a lungo, tornare indietro e fermarsi quando si desidera o al momento del bisogno. Le Scuderie del Quirinale sul loro sito informano che la visita ha una durata di 80 minuti e i visitatori hanno diritto a una pausa, a metà percorso, sempre di 5 minuti.

A Pompei, dove il distanziamento sociale non sarebbe mai stato un problema, si è imposto un percorso unico, che ora, durante il picco stagionale del turismo, sta creando code e assembramenti. Il tutto per poter impiegare in loco molto meno personale, il quale sta trascorrendo questi mesi per buona parte in cassa integrazione. Percorso unidirezionale a tempo che quindi, più che garantire la sicurezza, rende più complicato il distanziamento sociale solo per una questione di risparmio.

Sono scelte inconcepibili, ma perfettamente in linea con quell’idea ormai diffusa di consumo culturale come intrattenimento, rapido e superficiale che punta alla spettacolarizzazione di mostre-eventi alle quali bisogna partecipare per esserci a tutti i costi, ma che per nulla garantiscono la crescita culturale o spazi di riflessione di chi partecipa. Sarebbe invece molto più sensato proporre soluzioni che educhino i pubblici a una visita lenta, distensiva, che aiutino chi guarda a soffermarsi sui particolari di un’opera: colori, forme e contenuti, che incentivino uno sguardo meditativo, che diano la possibilità di leggere gli apparati didattici o ascoltare le narrazioni audio senza alcuna fretta o stress. Seguendo i propri tempi. Ovvero tutte quelle politiche culturali adatte a sviluppare riflessioni e a metabolizzare i contenuti di una mostra, sempre che ve ne siano!

Le pratiche di accesso per un museo così come per uno spazio espositivo dovrebbero essere diversificate e libere, proprio perché differenti sono i pubblici ai quali essi propongono i propri servizi. Lo ricorda bene Il manifesto della cultura accessibile a tutti scritto nel 2010, a Torino dove il Tavolo Cultura Accessibile, composto da istituzioni, associazioni, operatori culturali e museali apre un importante confronto sulle tematiche dell’accessibilità alla cultura per tutti i pubblici; nel testo si legge: “La qualità dell’esperienza dei visitatori deve essere al centro delle politiche culturali, fornendo strumenti e opportunità culturali alle persone che presentano identità e differenze, attese, bisogni, curiosità, abilità varie e diverse”. Diversamente al centro di certe politiche culturali continuano ad esserci solo interessi economici, e un profondo disinteresse verso il garantire un’esperienza “appagante, soddisfacente, piacevole in condizioni di autonomia, comfort” affinché la cultura diventi realmente esperienza per tutti e di tutti.

È questo che dobbiamo aspettarci per il futuro? Le mostre a tempo con percorsi obbligati? Un rapida sfilata tra le opere, un’occhiata veloce e via, perché quello che conta è buttare dentro il maggior numero di persone? Dal Ministero dei Beni Culturali, non una parola contro le visite a tempo, e neppure dalle organizzazioni internazionali che rappresentano i musei, come ICOM. Una riflessione a riguardo sembra forse necessaria.


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