E così, con 5 anni di ritardo, dal 29 maggio sono pubblici i decreti attuativi della legge 110/2014, che riconoscono sette delle nostre professioni: pur attendendo il riconoscimento di tutte le altre, la pubblicazione di questi decreti è stata per noi un obiettivo da sempre.

Dopo tanta fatica e impegno, ci piacerebbe festeggiare, celebrare, al netto delle criticità. E invece di troviamo a dover scrivere delle righe amare e cariche di rabbia. Sì, perché il risultato è davvero misero, rispetto a ciò che si poteva, che si doveva veder pubblicato dopo tanto tempo.

Ora, noi il 7 maggio (meno di un mese fa) abbiamo pubblicato un lungo parere sulla bozza che era stata fatta circolare, un parere critico ma tutto sommato ottimista, che recitava “Per il momento auspichiamo una pronta pubblicazione dei decreti. Tuttavia, perché questo decreto sia migliorativo della situazione attuale, vi sono alcuni cambiamenti imprescindibili da apportare oggi, prima della pubblicazione: oltre ad alcune divergenze per quanto riguarda l’impostazione generale, nei requisiti di accesso ad alcune delle professioni riscontriamo grosse mancanze o errori, che possono però essere rapidamente cassati e risolti.

Ecco, il problema è che sono stati pubblicati dei decreti in cui molte delle enormi, e facilmente risolvibili, criticità da noi segnalate, sono ancora lì. Lo temevamo, lo temevamo moltissimo, quando abbiamo saputo della firma del ministro il 20 maggio (perché così in fretta, pochi giorni prima delle elezioni europee?), e purtroppo ne abbiamo avuto conferma. Ora quelle necessarie correzioni richiederanno altro tempo e fatica.

Andiamo con ordine. Qui non stiamo parlando di opinioni o visioni, su cui si può discutere e di cui abbiamo già discusso (prima fra tutte la richiesta di “esperienza professionale” per accedere agli elenchi), abbiamo già spiegato che si tratta di soluzioni di compromesso complesse e lungi dall’essere perfette: per tutto ciò rimandiamo al nostro parere del 7 maggio. No, qui il problema è che gli elenchi, i requisiti, sono scritti male. Sono profondamente disomogenei, inspiegabili in certi passaggi.

Elenchiamo solo un po’ di esempi, per dare l’idea (si badi che sono tutte cose che avevamo già segnalato). I tirocini formativi valgono come esperienza professionale solo per alcuni profili e per alcune fasce: significa che se un demoetnoantropologo ha fatto dei tirocini durante il corso di laurea magistrale, questi varranno come esperienza professionale, mentre per un archeologo no. Si arriva all’assurdo che un archeologo specializzato in bioarcheologia potrà far valere i suoi tirocini come esperienza professionale per il profilo di antropologo fisico ma non per quello di archeologo: badate, gli stessi tirocini! E ancora, per alcune professioni si chiedono 12 mesi di esperienza professionale, per altre 18, per altre 24: senza coerenza. Non si tratta di bazzecole, si rischiano una pioggia di ricorsi, e si creano delle palesi ingiustizie. Sono passaggi critici che noi in un pomeriggio di lavoro avevamo individuato: com’è possibile che il Ministero in 5 anni non abbia creato un testo coerente?

Ci sono errori da “copia e incolla” (i requisiti di accesso per il profilo bibliotecario di II e III fascia sono uguali), ci sono bizzarrie, come il fatto che aver insegnato Storia dell’Arte al liceo, pur avendo una preparazione divergente, permetta di balzare davanti a persone che hanno studiato per diventare storici dell’arte. Ci sono cose gravi, come il fatto che la laurea LM-5 in Archivistica e Biblioteconomia non sia mai menzionata nel profilo dei bibliotecari, e sia un requisiti superfluo per gli archivisti di fascia I (la più alta), ma non per quelli di fascia II.

E poi ci sono abnormi problemi che riguardano singoli profili. Per diventare antropologo fisico (caso unico tra i 7 profili) i crediti formativi, dunque il percorso formativo, sono inutili: chiunque abbia fatto una tesi nel settore sarà equiparato a chi ha fatto carte false (la laurea magistrale in antropologia fisica infatti non esiste) per costruirsi un percorso formativo omogeneo e coerente. Come se bastasse una tesi magistrale per essere un antropologo fisico.

Per gli esperti di scienza e tecnologia applicata ai beni culturali (diagnosti)… la conoscenza dei beni culturali diviene superflua, dato che, contro anche il parere di entrambe le commissioni parlamentari, il profilo non specifica la necessità di avere 24 CFU nei settori storico-artistici per chi non possiede le lauree specifiche (LM-11 e L-43). Per i bibliotecari si arriva a porre come requisito alternativo alla laurea “100 ore di formazione con soggetti abilitati”, sarebbe curioso capire quali. E questi sono solo esempi.

Ognuno di voi leggendo i requisiti troverà dei problemi, delle assurdità, e chiederà “perchè”? Il perchè è un mistero, o meglio, è evidente che si sia agito senza una regia ordinata, senza mettere insieme i pezzi, tutelando questo e quello, tentando di mettere d’accordo tutti. Questo poteva essere comprensibile nelle bozze che abbiamo visto tre anni fa, non era assolutamente comprensibile in quella che abbiamo visto meno di un mese fa, e adesso, a decreti pubblicati, diventa grave. Perchè mina la credibilità e l’efficacia di questi elenchi e di questi requisiti.

Insomma, con grande amarezza dobbiamo dire chiaramente che il Ministero ha voluto agire in fretta e furia, apportando solo minime migliorie al decreto di inizio maggio. E ha fatto male. La montagna ha partorito il topolino, come si dice. C’è il rischio concreto che questi decreti divengano inutilizzabili e inutilizzati per alcune professioni, e che invece funzionino meglio per altre, quelle che hanno visto maggiore partecipazione e varietà di vedute nella stesura dei decreti, o ancora c’è il rischio vengano bloccati da ricorsi e simili, a causa della loro disomogeneità.

In generale non c’è il rischio che peggiorino la situazione, questo lo diciamo chiaro e tondo: nessuno verrà lasciato indietro da questi decreti. Per alcune professioni (e per alcuni campi specifici, primo fra tutti quello dell’archeologia preventiva) avranno un effetto sicuramente migliorativo, purtroppo però non per tutte le professioni e tutti i campi. Il loro difetto è in effetti proprio quello di fotografare la realtà, una realtà caotica, senza riuscire ad ordinarla in alcuni casi, o tentando malauguratamente di ordinarla (si vedano i corsi per bibliotecari equiparati alle lauree) in altri. Il vero rischio che vediamo è che si debba ancora lavorare moltissimo per arrivare a un risultato accettabile. E per questo, bloccando in partenza malintesi e critiche, diciamo: se avessimo avuto dei bei decreti attuativi, sarebbe stato un punto di partenza. Questi brutti decreti lo saranno comunque, perché finalmente ci sono, perché finalmente stiamo dibattendo tutti insieme di cosa deve essere la nostra professione, e perché è ben evidente che di fronte a malfunzionamenti e criticità questi decreti potranno facilmente (dovranno!) essere migliorati. Ormai sono legge, e una legge che non funziona si cambia.

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2 Comments

C.B · 07/06/2019 at 22:20

Ci sono errori anche sul nome della classe di laurea magistrale LM 11 scienze in conservazione e restauro di beni culturali , (classe delle lauree magistrali in conservazione e restauro di beni culturali ) nell’allegato del decreto 20 maggio 2019 manca la parola “RESTAURO”. Colgo l’occasione anche per ricordare che questa laurea magistrale avrebbe lo sbocco lavorativo anche nella progettazione di interventi di restauro e conservazione di beni culturali come viene descritto nel DECRETO MIUR 16 MARZO 2007 (pubblicato in gazzetta ufficiale n.155 del 9/7/2007.
Siamo stanchi di tutti questi errori ! Vogliono toglierci i nostri diritti. Forse sono errori voluti appositamente…?

C.B · 18/06/2019 at 17:25

Nel nuovo decreto sui nuovi elenchi, è menzionata la laurea Magistrale LM 11 con un nome sbagliato ovvero” scienze per la conservazione dei beni culturali “anziché “scienze per la conservazione e restauro dei beni culturali” LM 11 classe delle lauree in conservazione e restauro dei beni culturali.
La parola mancante è “RESTAURO”. Forse è stato un errore voluto? per distinguerci ancora una volta dai nostri colleghi a ciclo unico?
Facciamo valere i nostri diritti e facciamoci rispettare una volta per tutte !

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