Il Sistema Culturale Nazionale. Il 16 aprile avevamo accennato per la prima volta la proposta; il 18 e 19 aprile, durante la nostra assemblea nazionale, ne abbiamo discusso per comprenderne la fattibilità e il senso. Ieri abbiamo spiegato che, in una situazione come quella che stiamo vivendo, costruire un sistema molto diverso da quello attuale può avere costi non così diversi dal salvataggio del sistema precedente, soprattutto se questi costi vengono confrontati con i benefici.
Ma, nel concreto, come ci immaginiamo questo Sistema Culturale Nazionale? E perché lo riteniamo non solo utile, non solo rilevante, ma decisamente realistico per dare un futuro migliore a questo Paese e ai suoi cittadini? Ecco in sintesi ciò che abbiamo in mente.
1. Il Sistema Culturale Nazionale: definizione, obiettivi e principi
Il Sistema Culturale Nazionale che abbiamo in mente deve raccogliere e coordinare in un’ottica collaborativa e organica tutti gli istituti e gli spazi culturali del Paese, puntando ad offrire servizi culturali di qualità a tutti e per tutti, e avendo come obiettivo la crescita sociale e culturale della comunità, sia essa locale o nazionale. Si basa sul principio che ogni cittadino abbia diritto alla cultura, che la cultura serva a creare consapevolezza e a forgiare la democrazia, e che l’esistenza stessa degli spazi culturali debba avere come fine ultimo quello di creare inclusione sociale e benessere diffuso.
Nel pratico, ciò si baserà, in modo non dissimile dal Servizio Sanitario Nazionale, sull’istituzione di standard minimi e livelli essenziali che ogni istituto culturale facente capo al Sistema Culturale Nazionale e ogni ente locale sarà vincolato o stimolato (vedi sezione 3) a rispettare e fare propri, standard minimi che avranno carattere territoriale oltre che di singolo istituto (es. un determinato servizio dovrà essere garantito ogni tot cittadini e km quadrati). Standard che potranno riguardare ad esempio: professionalità minime impiegate; condizioni di lavoro e contratti; obiettivi culturali per la comunità e responsabilità etiche; accessibilità diffusa attraverso aperture e fruizioni ragionate al servizio della comunità; garanzie per la tutela, la catalogazione e la ricerca; sviluppo e crescita dell’impatto sociale e dell’inclusione. E altri ancora che potranno essere definiti man mano. Questi standard devono riguardare tutti gli istituti, siano essi statali, pubblici ma afferenti ad altri enti (comuni, università…), o privati che ricevono fondi pubblici o gestiscono beni pubblici. Faranno eccezione solo i privati che non gestiscono beni pubblici e non prendono soldi pubblici, che dovranno però ugualmente applicare i parametri inerenti alla qualità dei servizi e al rispetto dei diritti dei lavoratori. Gli standard dovranno essere alti, perché un sistema che non funziona e non offre servizi di qualità non serve a nessuno.
In questo sistema, come avrete già intuito, le parole chiave sono coordinamento e qualità. Servirà una pianificazione degli investimenti per la valorizzazione del patrimonio culturale diffuso, al servizio della comunità, della costruzione di un senso di appartenenza e di forme di frequentazione turistica sostenibili che portino conoscenza e benessere sui territori e per i territori. Ogni aspetto, dalle mostre, ai servizi informatici e digitali, al turismo, dovrà essere pianificato e coordinato, nonché portato avanti in maniera collaborativa e funzionale al sistema e alla cittadinanza tutta.
2. Come renderlo possibile: il Fondo per il Sistema Culturale Nazionale
Come far funzionare questi servizi? Come fare in modo che questi alti standard qualitativi siano rispettati? Garantendo a chi li rispetta i fondi adeguati, e a chi non li rispetta l’espulsione dal Sistema e dalla distribuzione dei fondi.
I soldi del Fondo per il Sistema Culturale Nazionale, dunque, dovranno essere a disposizione di istituti e enti a cui la dirigenza centrale (vedi sezione 3) abbia dettato determinati standard qualitativi. Si tratta di un cambio di prospettiva totale: lo Stato impone delle leggi, al servizio della cittadinanza, ma oltre a farle rispettare concede anche i fondi per farle rispettare, autovincolandosi. Non potrebbe più accadere, dunque, che una biblioteca comunale chiuda per mancanza di fondi e per decisione di un’amministrazione poco avveduta: gli orari delle biblioteche del territorio e i servizi offerti dalle stesse saranno concordati con gli uffici territoriali del Ministero, e qualora le norme non fossero rispettate, l’ente perderebbe completamente l’accesso ai fondi. In pochi rifiuterebbero di far parte di un sistema che funziona e ben coordinato, nessuno rifiuterebbe di far parte di un sistema che funziona, coordinato e oltretutto ben finanziato.
Nei casi di enti privati, esterni all’amministrazione pubblica, i soldi arrivati dal Fondo coprirebbero solo parte delle spese, ma comunque sempre in un’ottica collaborativa e di rispetto degli standard. Sia chiaro: questo fondo dovrebbe essere finanziato in larga parte con fondi pubblici, certo, ma nulla vieta di raccogliere anche altre donazioni o ulteriori fondi, migliorando sistemi già in essere.
E infine, il Fondo dovrà garantire non solo gli enti ma anche i professionisti autonomi, attraverso forme di welfare specifiche. Professionisti che svolgono lavori stagionali e occasionali, dagli artisti ai professionisti del turismo e che, ancora una volta, dovranno rispettare determinati requisiti e standard, entrando nel Sistema Culturale Nazionale. Con questo fondo, anche nei momenti di mancanza di lavoro potranno concentrarsi nell’offrire un servizio di qualità per tutti.
Sì, per costruire un Sistema Culturale di qualità servono molti soldi, certo, e servono molte, moltissime assunzioni mirate e pianificate, ma investire per un servizio che crei benefici alla popolazione appare molto più lungimirante che lasciare il settore culturale in balìa del mercato, permettendo solo a pochissimi di trarne vantaggio mentre lo Stato spende e spande in perdita senza alcuna pianificazione.
3. Qualche spunto organizzativo
L’organizzazione di un sistema tanto ambizioso e articolato richiederà tempo e approfondimento, e non è una cosa che vogliamo sciogliere in questo breve contributo che ambisce soltanto a lanciare una proposta aperta. Ci sembra utile però accennare ciò che abbiamo elaborato in questi giorni e settimane.
Il Sistema Culturale Nazionale, attraverso lo strumento del Fondo, dovrebbe articolarsi non solo attraverso gli istituti culturali, ma attraverso tanti altri enti. Per esempio potrà e dovrà indicare a comuni e enti locali il fabbisogno di professionisti culturali da rispettare per poter ottenere fondi, e avere un coordinamento attivo con università ed istituti di ricerca. Dunque, lo chiariamo ancora, il SCN non sarebbe sovrapponibile al Ministero dei Beni Culturali ma molto più ampio: il Ministero parteciperebbe al Sistema, come attore di maggioranza, offrendo indirizzi, linee guida e facendo in modo che le stesse siano rispettate. L’articolazione più opportuna sembra quella di grandi istituti centrali, divisi per disciplina, e di una molteplicità di uffici territoriali (che possiamo chiamare Soprintendenze) che portano quelle leggi, quelle linee guida sui territori, facendo operare in maniera opportuna tutti gli altri attori del Sistema Culturale Nazionale. Uffici studiati di modo che possano essere attivi e operativi sui territori, commisurando le risorse umane alle aree territoriali e disciplinari di competenza. In questo senso, la dirigenza del Ministero dei Beni Culturali, e il Ministro, porteranno al SCN la linea politica del del Governo di turno, elaborata nel parlamento eletto. Ma il Sistema Culturale Nazionale resterà un organo tecnico e indipendente.
E quindi ecco che dagli istituti centrali agli uffici territoriali le regole, man mano aggiornate attraverso uno studio e una ricerca continua, arrivano sui territori, e dagli uffici ai singoli istituti (musei, archivi, biblioteche, parchi…), ognuno con un proprio compito, ognuno con personale sufficiente ad operare e svolgere da solo e in rete le attività che gli spettano, dalla tutela, alla catalogazione, alla valorizzazione, ognuno con un certo grado di autonomia, ma sempre inserito in quell’ottica di standard minimi e servizio alla comunità. E dagli istituti culturali alle università, in un clima di reciprocità diffusa, e da qui fino ai restauratori, agli archeologi, ai bibliotecari che, assunti dai comuni anche grazie al Fondo per il Sistema Culturale Nazionale, rispettano le stesse linee guida e gli stessi standard, lavorando sì per altri enti ma per tutta la cittadinanza allo stesso tempo. Integrando competenze, condividendo dati e risorse, oltre la semplice interlocuzione e all’interno di una cooperazione continuativa e coordinata, per ottenere risultati migliori in tutti i campi, dalla ricerca alla promozione sociale, fino alla creazione di reti culturali e turistiche, all’interno della società e per la società stessa.
Questa la nostra idea. Che può funzionare solo e soltanto con adeguati investimenti, anzitutto in risorse umane. Un’idea aperta, che non è entrata nel dettaglio e che manca di tanti aspetti: per scelta, perché questa proposta va arricchita e strutturata nelle prossime settimane e mesi. La mettiamo a disposizione di voi che leggete.
Qualcuno potrà obiettare che non sia nulla di nuovo, anzi che somigli a cose proposte nel passato più o meno recente: è così, non abbiamo bisogno di un’idea sovversiva, ma di mettere a sistema le tante cose e le tante persone che questo Paese ha. Facciamo in modo che la Cultura italiana sia creatura viva al servizio di tutti, non più sottomessa alle leggi del mercato ma in grado di fare anche uso di esse, in modo pianificato, nel vantaggio unico della cittadinanza e del Paese.
2 Comments
Nicola Padroni · 26/05/2020 at 20:14
Proposta molto interessante, da integrare a mio parere con l’inserimento delle specifiche realtà che contemplino sia a livello territoriale che secondo le differenti tipologie del sistema culturale. Tutti facciamo parte del Sistema Culturale Nazionale, musei, archivi, biblioteche, siti archeologici, centri culturali e fondazioni, ma ogni struttura ha le sue specificità che si accentuano nella proprio territorio di appartenenza. E’ importante l’aspetto della vostra proposta che contempla la costituzione di un Sistema centralizzato che coordini e diriga l’attività economica dell’intero settore della cultura in Italia, attraverso le realtà territoriali, costringendole ad un offerta nella qualità dei servizi. E’ stato preso d’esempio il SSN, che da alcuni punti di vista può essere assimilato al vostro (SCN), ma proprio nel vedere gli errori emersi anche in questa ultima fase pandemica, ci si è resi conto che il mancato controllo delle realtà locali (è evidente che la Sanità nelle mani degli enti locali è stata trasformata e depauperata) ha creato un po’ ovunque delle disparità e dei pericolosi vuoti. Quindi ben venga una struttura centralizzata che canalizzi e controlli gli interventi statali sulla cultura, ma questa deve valorizzare le differenti realtà locali e supportarle nel loro valore culturale.
Rassegna Stampa online 26 aprile-2 maggio 2020 - JCHC · 03/05/2020 at 13:33
[…] Il Sistema Culturale Nazionale: ecco come lo immaginiamo (Mi riconosci?, 30 aprile). […]