Buio e scotch: il tramonto dell’arte capitolina
Sale chiuse, illuminazione pessima, opere accatastate, poco personale: lo stato di abbandono di strutture importanti come la Galleria Borghese o Palazzo Venezia
Un articolo di Manlio Lilli, pubblicato su il Fatto Quotidiano il 12/01/2017
“In questa sala è in corso l’allestimento. Ci scusiamo per il disagio”. Il cartello sulla parete sinistra dell’ambiente nel quale si trova la biglietteria è solo il primo ostacolo alla comprensione che il visitatore incontra nella visita alla Galleria Nazionale d’Arte antica in Palazzo Corsini. Eppure la collezione ospitata al primo piano dell’ala meridionale del Palazzo, affacciato su via della Lungara a Roma è l’unica quadreria settecentesca romana che sia giunta intatta fino ai nostri giorni. Espone autentici capolavori come il Trittico del Giudizio Universale del Beato Angelico, la Salomè con la testa di Giovanni Battista di Guido Reni, una Testa di vecchio di Paul Rubens e il “San Giovanni Battista” di Caravaggio. Ma, nelle sale in cui non ci sono i totem, mancano quasi del tutto anche le didascalie. CHIEDERE è sostanzialmente impossibile. C’è un solo custode. I quadri disposti su più file sulle pareti, troppo spesso fruibili con eccessiva difficoltà. Troppe le opere, così da risultare soffocate, le une dalle altre. Al punto che l’esposizione sembra più simile alla collezione di ritratti custoditi in una stanza segreta della sua casa da Virgil Oldman, il protagonista del film La migliore offerta, che all’allestimento di un museo. L’osservazione è complicata anche da un impianto di illuminazione che sembra privilegiare le penombre.
Per una galleria aperta dal lunedì al sabato solo il pomeriggio, con l’eccezione del martedì, l’offerta sembra davvero modesta. Di certo inadeguata a un percorso museale che può contare su elementi di pregio architettonico e artistico, come l’Alcova della Regina Cristina, con gli affreschi tardo-cinquecenteschi a grottesche raffiguranti le Storie di Salomone e le Storie di Mosè. All’interno di Palazzo Barberini – straordinaria architettura seicentesca, lungo via delle Quattro Fontane, progettata anche dal Bernini – non è l’allestimento a deludere. Sui tre piani che ospitano il museo, grandi affreschi sulle volte delle diverse sale. Esposti autentici capolavori, come una veduta di Venezia del Canaletto, una Giuditta che taglia la testa ad Oloferne di Caravaggio, un Matrimonio mistico di Santa Caterina di Lorenzo Lotto. Illuminazione appropriata, didascalie leggibili, custodi ovunque. Peccato che intere sale siano chiuse al pubblico. Al piano terra dalla numero 7 ala numero 9. Al terzo piano, addirittura dalla 25 alla 34.I commenti di molti visitatori dimostrano come purtroppo non si tratti di un evento recente, piuttosto di una consuetudine. È anche così che si delegittima sempre di più il patrimonio museale romano.
Al Palazzo Venezia – dal 1916 sede di un grande museo nazionale di arte medievale e rinascimentale – va anche peggio. Inoltrarsi per le sale richiede un atto di coraggio. Sculture lignee e quadri, busti e mobili, porcellane e bronzetti, maioliche e terrecotte varrebbero la visita. Peccato che siano offerti al pubblico in un allestimento che sembra ignorare l’importanza dell’illuminazione. Sono molte infatti le sale che con le lampade in gran parte fulminate, sono immerse in un buio quasi totale. Così diventa ancora più difficile leggere le minuscole didascalie, peraltro non sempre presenti accanto alle opere e non di rado fissate come è possibile con lo scotch. Custodi non se ne incontrano, fatta eccezione per gli spazi iniziali. Insomma informazioni e sicurezza sembrano un trascurabile optional.
Chiuso da gennaio 2014 il Museo della Civiltà romana, all’Eur, che fa parte del sistema dei “Musei in comune”del Comune di Roma, per lavori di riqualificazione. Il grandioso plastico della Roma imperiale e la serie completa dei calchi della Colonna Traiana, oltre alla ricchissima collezione di copie di statue, calchi di bassorilievi, modellini architettonici di singole opere e di complessi monumentali, hanno per decenni illustrato la romanità. In quei 12 mila metri quadri di aule di grande altezza sono passati migliaia di visitatori, si sono formate generazioni di archeologi e storici dell’ar – te. La mancanza di un progetto non facilita la risoluzione del problema. Così non rimane che sperare nella petizione promossa su Change.org da studiosi e residenti del quartiere, circa 600 persone costituitesi da dicembre in un comitato nato su Facebook. Una lotta contro le istituzioni con il tentativo di uscire dal torpore in cui paiono cadute. In una città nella quale molte parti del patrimonio storico-artistico sono in evidente sofferenza sembra proprio che non ci sia altra scelta. Rimboccarsi le maniche e fare da soli.
Che l’autonomia prospettata dalla riforma Franceschini dei musei sia anche questo?
1 Comment
duccio marignoli · 13/01/2017 at 12:13
La disposizione dell’allestimento di Palazzo Corsini è basata sull’idea della quadreria antica e anche se potrebbe ‘soffocare’ le opere singole, è un valore culturale in se. Sarebbe un enorme perdita cambiarla.