Abbiamo assistito a un pessimo circo, nelle ultime settimane, intorno al Museo Egizio, al suo direttore Christian Greco e all’iniziativa “Fortunato chi parla arabo“, attaccata da alcune forze di estrema destra con accuse ridicole, quali il razzismo e la “discriminazione verso gli italiani”.
Attacchi assurdi e pericolosi, che hanno contribuito a creare due schieramenti apparentemente monolitici e contrapposti: chi sta con Christian Greco, l’uomo di cultura, dell’apertura, e chi (più o meno nessuno) sta con Giorgia Meloni; ma questi schieramenti non servono a nessuno, la realtà non è mai bianca o nera.
Se è ovvio e chiaro che i partiti politici debbano sempre restare lontani dai Musei, e che l’iniziativa del Museo Egizio era assolutamente legittima e non aveva nulla di razzista, resta da capire però una cosa: è una iniziativa utile? Innovativa? Intelligente?
Avevamo già criticato Christian Greco in passato, per alcuni bandi, per la scelta di far praticare Zumba nel museo, e via dicendo; restano poi tutte le problematiche legate alla privatizzazione dei Musei, e all’accessibilità del Museo Egizio, elencate qui. Ma torniamo all’iniziativa incriminata: “Fortunato chi parla arabo“. L’iniziativa, difesa con retorica quale “la cultura è di tutti”, “il Museo Egizio per i nuovi italiani” e altre amenità, è in realtà un semplice 2×1 a tempo determinato, una cosa non del tutto sbagliata nell’ottica della promozione, ma certo un po’ banale, quasi da supermercato. Non si rivolge “a chi parla arabo” ma a chi possiede una carta d’identità araba, dunque non per forza ai “nuovi italiani”, nè tantomeno ai cultori della materia.
Si può fare ben di meglio, sia per rendere la cultura “di tutti”, sia per accrescere l’interculturalità e l’interesse di nuovi pubblici. Ad esempio si può rendere gratuito l’accesso ai Musei per tutti i residenti (siano essi italiani o stranieri), come recentemente accaduto a Padova, o permettere l’ingresso gratuito in certi orari particolari, come accade nei Musei Civici di Milano. Per attuare principi di giustizia ed equità sociale bisognerebbe applicare una scontistica ampia finalizzata però alla partecipazione, in un percorso educativo-inclusivo. Ma prima ancora un museo dovrebbe lavorare sulla progettazione partecipata. Certo, per questo servono professionalità specifiche, e collaborazione tra il direttore del Museo e le varie professionalità: Greco, essendo egittologo, non può saper fare tutto al meglio. Bisogna assumere, tanto, per gestire un Museo così complesso.
Si poteva fare uno studio dei pubblici, capire di cosa sentissero il bisogno i cittadini arabi di Torino: davvero c’era una così forte esigenza del 2×1? A questo riguardo, peraltro, il Museo ha già corretto il tiro, rendendo gratuite le visite in arabo il sabato pomeriggio, operazione molto più sensata. Ma soprattutto, perché solo per 4 mesi? Al termine di questa promozione gli arabi torinesi si sentiranno sufficientemente parte della comunità? Perchè non rendere, ad esempio, gratuite le visite in arabo un determinato giorno della settimana a una determinata ora, per sempre? E la cosa può valere con tante altre lingue, dando spunti per innumerevoli altri progetti di integrazione sociale e culturale.
Così com’è stata pensata, l’iniziativa risulta essere solo una banalissima trovata pubblicitaria, una semplice iniziativa promozionale. Non sbagliata, ma indirizzata esclusivamente ad aumentare gli introiti del museo in maniera spicciola. E, quel che è peggio, come era prevedibile, è stata strumentalizzata dai razzisti. Sì, perché anche la stessa strategia comunicativa si è servita di manifesti pubblicitari in sola lingua araba. Ora, esiste una legge che obbliga le attività commerciali a esporre insegne in italiano: perchè mai un Museo così importante se ne sente esentato? Un cartellone solo in arabo non è razzista, ma è una cafonata nei confronti di tutti coloro che non parlano tale lingua. Ed era abbastanza ovvio che avrebbe creato sgomento e, in una certa parte politica, vere e proprie strumentalizzazioni, andando a rafforzare quel senso di “discriminazione in casa” che (a torto) sta colpendo molti italiani svantaggiati. E l’ultima cosa che ci serve è creare polarizzazione su questi temi, dare appigli al razzismo.
Insomma, speriamo che la prossima volta il Museo Egizio realizzi, come fanno e hanno fatto già tantissimi altri istituti in Europa e in Italia, iniziative di valorizzazione e inclusione serie, fortemente centralizzate sulla partecipazione attiva dei pubblici; iniziative non indirizzate solo a una promozione quantitativa; iniziative che non selezionino il pubblico in base a criteri aleatori, e che non facciano scaturire nel visitatore la domanda: “perchè io, cittadino italiano, non dovrei partecipare all’esperienza dell’incontro di queste culture? Perché il museo vuole favorire la partecipazione di un’unica etnia e lingua, e non ne favorisce invece il contatto/confronto e l’inclusione?”. Domanda, quest’ultima, pur legittima: ci sarà un motivo per cui nei Musei del mondo si evitano gli sconti 2×1 a tempo determinato su base etnica.
2 Comments
luigi malnati · 06/06/2018 at 14:35
Mi sembrano considerazioni estremamente sensate.
Al di là di polemiche strumentali, ci sarebbero alcune semplici domande.
Chi parla arabo sì e chi parla, che so, persiano (farsi) no?
Conta il passaporto di un paese appartenente alla Lega Araba? I cittadini dell’Arabia Saudita, degli Emirati ecc…non possono pagarsi il biglietto?…
E perché non fare iniziative anche per i parlanti indiano o cinese?
O è una questione di religione?
O Greco pensa che gli Arabi dell’Egitto siano i naturali eredi degli antichi egizi? Mai sentito parlare dei Copti?
Il problema di fondo è:
chi ha scelto Greco per guidare un’Istituzione Pubblica che un tempo ha avuto per Soprintendente insigni Egittologi? Quale commissione?
E, sempre in questa logica, a che titolo il Ministro Franceschini ha nominato lo stesso Greco, un egittologo, nel comitato di settore beni archeologici, che si dovrebbe occupare di problemi di tutela del nostro paese? Per i numerosi insediamenti egizi italiani? Altre possibili scelte no?
Trasformazione dei Musei in Fondazioni private: i precedenti, i modelli, le alternative – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 20/02/2019 at 17:51
[…] biglietti di ingresso, arrivando a scivolare in iniziative discutibili come Zumba tra le statue o sconti 2×1 su base etnica. Esistono fondazioni culturali che funzionano bene, sia chiaro, ma con le pessime leggi attuali […]